by Sergio Segio | 5 Settembre 2013 9:43
MILANO – Sono 9 milioni le famiglie italiane che non riescono a sopportare una spesa improvvisa di 800 euro. Di queste, 3 milioni riescono a fare un pasto adeguato solo una volta ogni tre giorni, mentre 5 milioni hanno un reddito inferiore del 60 per cento rispetto a quello mediano. I numeri di “Consumi &distribuzione”, il rapporto presentato a Milano da Coop, cacciano lontano ogni ottimismo sulla fine della crisi. Per l’81 per cento degli italiani il carrello s’è ridimensionato di molto in questi ultimi 5 anni. Molto peggio del resto degli europei: solo per il 63 per cento di loro è cambiato il modo di fare la spesa. D’altronde in media dai portafogli degli italiani si sono volatilizzati 1.715 euro in questo lasso di tempo.
Una selva di segni meno. Non si erano mai visti dati così bassi. In un anno, per le spese ospedaliere, gli italiani spendono in media 86 euro. Per l’istruzione 194, anche questo record negativo. Per i generi alimentari siamo fermi agli anni ’60, con 2.400 euro circa pro capite. Rispetto al 2007 si tratta del 14 per cento in meno. Più della metà degli italiani (54 su 100) dicono di comprare solo ciò che è necessario. Sanità e istruzione stanno scomparendo dalla lista. Ma anche tanti generi alimentari stanno sparendo dalla tavola. L’acquisto di pane e pesce cala dell’11 per cento a testa, i dolci crollano del 25,5 per cento. Guadagnano posizioni le carni suine, + 28 per cento, e il pollo, + 14,4. Nemmeno prodotti tipici come il vino (- 4 per cento nell’ultimo anno) o piaceri come il caffè (il comparto thè-cacao-caffè perde il 21 per cento, come spesa pro capite, in sei anni) fanno più parte della tradizione italiana. La crisi ha reso gli italiani sempre più casalinghi, anche nel mangiare: i pasti fuori casa diminuiscono del 2,5 per cento, mentre i clienti dei ristoranti crollano del 4,5. Certo, non manco i segni positivi inaspettati. Come quello dei prodotti etnici che registrano un più 6 per cento, o i prodotti biologici, sempre più venduti, tanto da permettere agli italiani di guadagnare il titolo di europei più magri (almeno stando agli indici di massa corpore: 98 per le donne e 103 per gli uomini, con più della metà delle persone in forma).
Il confronto con l’Europa. L’Italia è sempre più a ridosso del baratro della povertà, anche rispetto alla media europea. I consumi dal 2008 calano del 5,2 per cento: peggio di noi fanno solo i Paesi dell’area “Pigs”, Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia. Nel nostro Paese il 28 per cento delle famiglie rischi di diventare povero. Più della Spagna, dove sono una su quattro. Italia e Spagna invece condividono il non invidiabile secondo posto, con il 27 per cento, nella classifica dei Paesi con più persone singole a rischio povertà. Peggio di Roma e Madrid fa solo Atene, dove la percentuale è al 31 per cento e il trend segna ancora un aumento. Il 32 per cento dei giovani rischia di diventare povero, come nelle Croazia appena entrata nella zona euro. Peggio di noi fanno Bulgaria, Romania, Lettonia, Ungheria, Irlanda e Lituania. A Sofia corrono il rischio il 52 per cento dei giovani.
La disoccupazione, il grande male dell’Italia. Il 12 per cento degli italiani non ha un lavoro. Sono 3,3 milioni nel primo trimestre del 2013, 1,8 in più rispetto a cinque anni fa. Di questi, 741 mila appartengono alla fascia 15-34 anni. Per questa fascia, la disoccupazione sfiora sempre più pericolosamenta l’asticella del 40 per cento. Così il 59 per cento degli italiani tra i 18 e i 34 anni vive con i genitori. Ecco la grande responsabile della contrazione dei consumi: l’assenza di lavoro e di conseguenza i redditi sempre più bassi degli italiani. Se si può spendere poco, allora si cercano sempre di più sconti e promozioni. Ma non solo: il trend di quest’anno, segnala Coop, segna un ritorno del baratto e di tutte le forme di sharing economy, dove si scambia ma non si spende. (lb)
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