by Sergio Segio | 15 Settembre 2013 7:20
ROMA — Cinque miliardi di ore in cassa integrazione per cinque anni di crisi: cifre da record che mettono nero su bianco i devastanti effetti che la crisi ha prodotto sul lavoro, sui bilanci delle famiglie e sui loro consumi. A mettere assieme i dati sul ricorso che le aziende, dal 2008 ad oggi, hanno fatto all’ammortizzatore sociale per eccellenza, è un rapporto dell’Osservatorio Cgil.
Cinque anni fa, proprio di questi tempi, se in America falliva la Lehman Brothers, in Italia s’impennava la crisi produttiva. Da allora allo scorso mese di agosto – a parte la momentanea inversione di tendenza registrata nel 2011 – la cassa integrazione ha conosciuto un continuo crescendo totalizzando il record dei 4,95 miliardi di ore autorizzate. Per la Cgil questo è l’evidente segnale «del processo di deindustrializzazione in corso», un processo che – visto il caso Ilva e le tante crisi aperte (dalla Natuzzi, a Piombino, al Sulcis) non dà alcun segnale di arresto.
«Il sistema produttivo, e con esso la condizione di centinaia di migliaia di lavoratori, è letteralmente piegato dagli effetti della crisi – commenta Elena Lattuada, segretario confederale Cgil – senza una vera e propria azione di ricostruzione che metta al centro il lavoro, non ha alcun senso parlare di luce in fondo al tunnel». Restando al 2013, dall’inizio dell’anno ad agosto, «ci sono oltre 500 mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore» segnala il rapporto «ognuno di loro ha subito un taglio in
busta paga di 5 mila 300 euro»: la perdita totale dei redditi disponibili ha superato quota 2,6 miliardi.
Ad agosto, in realtà, c’è stato un calo del 6,5 per cento rispetto alle ore autorizzate a luglio. Ma si tratta di un mese particolare: molte grandi aziende sospendono la produzione, e «se anche in quel periodo, tradizionalmente tranquillo, le ore di cassa integrazione arrivano ai 75 milioni, vuol dire che la crisi è pesante, diffusa su tutto il territorio e su tutti settori» concorda una analisi di Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil. Nello stesso mese, tra l’altro, alla diminuzione della cassa integrazione ordinaria prevista per interruzioni temporanee del lavoro (meno 66,8 per cento su luglio) e di quella straordinaria (meno 8,5%) riconosciuta in caso di gravi crisi e ristrutturazioni, è corrisposto un netto aumento della cassa integrazione in deroga. L’ ammortizzatore previsto per le categorie di lavoratori che non rientrano nelle altre tipologie di cassa (dai lavoratori subordinati agli apprendisti, agli specifici settori e aree individuati da accordi governativi) fra agosto e luglio è aumentato del 60,3 per cento. Un boom che lascia regioni e sindacati molto pessimisti sul fatto che i 500 milioni stanziati dal governo per finanziare la cassa in deroga fino alla fine dell’anno possano bastare.
Quanto a diffusione territoriale quest’anno, fra gennaio ed agosto, la richiesta di cassa integrazione ha raggiunto i picchi più alti nelle regioni settentrionali, Lombardia in testa seguita da Piemonte e Veneto. Considerati i settori produttivi, a farne maggior uso sono stati la meccanica, il commercio e l’edilizia.
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