Cameron furioso medita di far saltare alcune teste

by Sergio Segio | 1 Settembre 2013 7:04

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Per questo il premier è pronto a un rimpasto di governo, forse già dalla prossima settimana. Il primo a saltare dovrebbe essere il Chief Whip, George Young, cioè il capo del gruppo parlamentare incaricato di tenere i collegamenti con l’esecutivo. Se qualcosa è andato storto, se qualcuno ha autorizzato ministri e sottosegretari a starsene a casa, ne pagherà le conseguenze.
Il problema è che, per giudizio unanime dei commentatori, Cameron è considerato l’artefice della sua stessa disfatta. Un leader che ha perso il contatto con il Paese tanto da non capire la profonda contrarietà dei cittadini a un attacco militare in Siria e che ha sottovalutato la fronda nel partito conservatore trovandosi a contare quanti gli hanno votato contro o non hanno risposto alla chiamata. In tutto una sessantina di deputati.
La disfatta di giovedì è considerata storica. Era dal 1782, ricordano gli accademici, che la Camera dei comuni non votava contro un primo ministro. Allora, ironicamente, l’occasione era il ritiro delle truppe britanniche dall’America che combatteva per l’indipendenza: «Parliamo di 230 anni fa — spiega George Jones, professore emerito alla London School of Economics — quindi questo è un evento importante. Se il governo non può attuare la sua politica di guerra e pace vuol dire che la sua competenza è stata messa in dubbio».
Cameron cerca di minimizzare: «La Gran Bretagna — dice — non smetterà di lavorare con gli alleati per esercitare la massima pressione sul regime siriano». Ma l’ex leader liberal democratico Paddy Ashdown mette il dito nella piaga e lo descrive come un premier «con la schiena rotta»: «In 50 anni di servizio al Paese non mi sono mai sentito così depresso e umiliato» ha dichiarato venerdì scorso.
Ma il premier conservatore ha buone chance di rialzarsi. Il colpo che gli è stato inferto non è mortale e non gli impedirà di giocare la partita per la sua rielezione alle elezioni del maggio 2015. «Se l’economia riprenderà fiato — scrive Anne Perkins sul Guardian — il primo ministro riuscirà a superare la crisi, d’altra parte non c’è un forte sfidante all’orizzonte». Di certo fino a poche ore fa non era considerato tale Ed Miliband, dato in picchiata in tutti i sondaggi. Il voto ai Comuni ha fatto salire le quotazioni del leader laburista ma rischia anche di farlo sembrare un debole, uno che sta fermo di fronte ai problemi.
Monica Ricci Sargentini

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