Arriva un treno carico di privatizzazioni

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«Siamo il nuovo capitalismo di Stato” ha dichiarato l’ad Giovanni Gorno Tampini, evitando di precisare il contesto in cui si colloca questo piano triennale. Vuoto subito colmato dal premier Letta, che ha dichiarato : “Il Governo sta lavorando al Piano Destinazione Italia, che a fine settembre presenteremo e approveremo, con dentro un grande pacchetto di dismissioni e incentivazioni per l’attrazione degli investimenti esteri».
Ciò che si profila all’orizzonte, tenuta delle “larghe” intese permettendo, è un nuovo sacco del Paese, alla cui riuscita Cdp dedicherà anima e corpo.
Per gli enti locali saranno 23 i miliardi di euro messi in campo al preciso scopo di «valorizzare» le partecipazioni degli Enti e per la «valorizzazione del patrimonio immobiliare».
Tutto questo in sinergia con la Sgr del Ministero del Tesoro – Invimit- nei cui programmi c’è l’acquisto e la successiva messa sul mercato di 350 immobili del Demanio.
Non potranno mancare i servizi pubblici locali: e mentre Cdp annuncia nuovi interventi, per favorire la fusione fra multiutilities collocate in Borsa, è il ministro Del Rio a prefigurare un intervento di «riordino» della materia, con il preciso scopo di mettere una pietra tombale a quella stravagante vittoria referendaria con la quale gli italiani hanno osato dire che l’acqua è un bene comune da sottrarre al mercato e ai profitti finanziari.
Accanto a ciò, negli orizzonti di Governo e Cdp sono previsti interventi per superare gli ultimi «tabù»: la privatizzazione della Rai, lo spezzettamento di Finmeccanica, la definitiva privatizzazione delle Ferrovie e di Poste Italiane, quest’ultima sull’esempio delle recenti decisioni del governo inglese riguardo alla Royal Mail.
Ma affinché nessuno tema il crollo del Paese, consoliamoci con l’importante joint-venture che il Fondo Strategico Italiano (controllata da Cdp) ha stretto con il Fondo Sovrano del Qatar per fondamentali investimenti nel made in Italy di lusso e nel turismo in Sardegna!
Tutto questo naturalmente all’unico scopo di ridurre il debito pubblico, che tuttavia, dispettoso, continua a salire. Ma non sarà questo particolare ad intaccare le certezze dei sacerdoti neoliberali; come ben si è espresso in un discorso all’università di Princeton nel 2010 Ben Bernanke, presidente della Federal Riserve : «I modelli macroeconomici standard non sono riusciti a vedere la grande crisi finanziaria perché questi modelli sono stati progettati per periodi di non – crisi (..) Il problema non è tanto che i modelli siano irrilevanti o scorretti, piuttosto è lo scoppio della bolla finanziaria e la crisi successiva che rappresentano eventi che non avrebbero dovuto accadere».
Resta un’ineludibile domanda: si può lasciar decidere la strategia industriale di un Paese a una società privata, libera di perseguire i propri interessi di profitto, qualunque essi siano, nei settori che appaiono più interessanti e senza vincoli di alcun tipo? E se questo è il ruolo attuale della Cassa Depositi e Prestiti, è accettabile che le priorità di intervento nel sistema industriale ed economico del Paese non vengano stabilite nelle sedi deputate e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico?
* Attac Italia


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