by Sergio Segio | 25 Settembre 2013 6:19
ROMA —Si sta esponendo molto, in prima persona. Ma lo fa deliberatamente, con l’uso di tutto l’arsenale di argomenti che, per le prerogative di moderazione e di stimolo riconosciutegli dalla Costituzione, può dispiegare. Così, per il presidente della Repubblica ieri è stato un passo «doveroso», al materializzarsi di nuovi segnali di tensioni e incrinature nelle larghe intese, convocare separatamente al Quirinale il segretario del Pdl e vicepremier, Angelino Alfano, e quello del Pd, Guglielmo Epifani (ma anche, in un’altra separata udienza, il ministro Dario Franceschini), per verificare «il grado d’impegno delle forze politiche per la continuità dell’attività di governo» e «il programma dei lavori parlamentari». Giorgio Napolitano voleva insomma raffreddare lo scontro e capire se e quanto sia possibile rafforzare una «stabilità» che sembra ogni giorno più fragile e agganciare una ripresa già cominciata in mezz’Europa. Un’occasione — lo ha ripetuto in pubblico ancora lunedì — da «non sprecare».
Il problema, e il punto politico, è dunque quello di spingere i partner della maggioranza a ridurre le distanze e lavorare insieme per un nuovo patto. In modo da evitare che, tra «ultimatum e ostruzionismi», «incertezze e rotture», provocazioni e rilanci quotidiani, l’esecutivo limiti la propria azione al cosiddetto minimo sindacale, perda definitivamente slancio e resti vittima di un logoramento fatale. Che magari lo faccia franare per consunzione propria.
Le risposte che il capo dello Stato ha incassato sarebbero «abbastanza incoraggianti», fanno sapere dal Colle. Con la convinzione, condivisa da entrambi gli interlocutori, a praticare d’ora in poi «uno sforzo di autocontenimento di quelle spinte polemiche» che potrebbero alimentare dubbi, inquietudini o sospetti sulla tenuta di Enrico Letta a Palazzo Chigi. E, ancora, ad affrontare i prossimi appuntamenti politico-istituzionali «in uno spirito unanime di valorizzazione dell’operato del governo e della maggioranza» e quindi di un rafforzamento dell’immagine di «un’operosa stabilità».
L’antidoto per evitare i soliti, pericolosi sbocchi visti nelle ultime settimane potrebbe essere offerto da un passaggio parlamentare studiato «ad hoc» (e di cui a quanto pare si sarebbe fatto cenno nel sondaggio di ieri), nel quale fissare alcuni obiettivi concordati. Le materie sulle quali concentrare l’impegno a proiettare su un orizzonte dell’esecutivo «di servizio» oltre il 2014 sono le più prevedibili: l’economia e il fisco, oltre alla riforma elettorale. E l’occasione più vicina — diciamo meglio: la precondizione di tutto — per misurare il reciproco livello di responsabilità verrà dalla legge di Stabilità, la vecchia Finanziaria, che va approvata entro il 31 dicembre.
Ecco lo snodo, ed è di quelli che tradizionalmente tendono ad aggrovigliarsi fino all’ultimo giorno, tra veti incrociati e rilanci particolaristici. Una scommessa sulla cui riuscita pesano anche numerose altre incognite. Pesano ad esempio le inquietudini di un Pd in piena fibrillazione interna e nel quale molti (Matteo Renzi in testa) sembrano spingere per elezioni a primavera. E pesano pure, nel centrodestra, le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi e il problema della sua «agibilità politica». Il Cavaliere per il momento tace, ma è soprattutto su questo fronte che la pressante persuasione morale di Giorgio Napolitano rischia di essere messa più alla prova, nel prossimo mese.
Marzio Breda
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