Epifani: «Via il Porcellum, poi le urne» Congresso a rischio se si vota subito
ROMA — Legge di Stabilità e legge elettorale. Poi, ma solo poi, al voto. E niente «governicchi e trasformismi». Guglielmo Epifani detta le condizioni del Partito democratico per uscire dallo stallo provocato dalle dimissioni dei ministri berlusconiani e dall’accelerazione della crisi. Il segretario prova a fare la sintesi. La data del ritorno alle urne inciderà pesantemente anche sulle dinamiche interne e non è un caso che Matteo Renzi stia alla finestra, in attesa di capire quale direzione prenderà l’iter congressuale.
Epifani prova a rassicurare tutti: «Il percorso di unità, avviato con l’ok alle regole, deve restare in questa fase delicatissima. Vi assicuro che qualsiasi decisione la prenderemo tutti insieme. Anche con Renzi». L’allusione non è neutra. Così come non è una ripetizione superflua ribadire la conferma del «percorso delle primarie». Il congresso è fissato per l’8 dicembre. Ma se si dovesse andare al voto? Pochi lo dicono e molti lo pensano: salterebbe il congresso, il segretario Epifani verrebbe congelato e si andrebbe alle primarie di coalizione con Renzi, ma forse anche con lo stesso Letta. Tra i pochi a dirlo apertamente c’è Giorgio Merlo: «Chi pensa di confermare il congresso in caso di crisi o è un ingenuo o prende in giro tutti i democratici». Ma anche Piero Fassino, che pure sostiene Renzi, spiega: «Ora la priorità è per l’Italia e il suo futuro, non per il dibattito interno al Partito democratico». Di parere opposto Roberto Giachetti: «Far saltare il congresso sarebbe un’operazione tafazziana».
Anche su come affrontare il dopo Letta, se il premier non riuscirà a ricomporre le fratture, le opinioni divergono. Dario Franceschini da Cortona ha sostenuto la necessità di un governo vero, che possa affrontare non solo stabilità e legge elettorale, ma anche «le emergenze economiche e sociali» e il semestre europeo. Il Parlamento, ha spiegato, può lavorare «fino alla primavera del 2015». Di tutt’altro avviso sono i molti che hanno fretta. Gianni Cuperlo non vuole più avere nulla a che fare con il Pdl: «Stop all’interlocuzione con chi calpesta regole, istituzioni e principi». Serve una «messa in sicurezza» della democrazia e poi via al voto. Così Giuseppe Civati: «Dobbiamo affrontare le emergenze in tempi ragionevoli». Anche Pier Luigi Bersani sembra voler staccare la spina: «Come si sa, ho sempre considerato irrealistico un governo con il Pdl. Poi è diventato necessario, ma è rimasto irrealistico. Ora quel che c’è da fare lo dovremo vedere con Letta, che ci ha rappresentato al meglio in un momento difficile».
Il nodo della legge elettorale resta sul tappeto. Giachetti, che propose una mozione per l’immediata abolizione del Porcellum e per il ritorno al Mattarellum, beccandosi dell’«intempestivo» dalla Finocchiaro, ha qualcosa da dire al riguardo: «Vedo che Franceschini avrebbe trovato il colpevole: sarei io, che non mi accontentavo della mediazione ma volevo la cancellazione del Porcellum. Ora facciamola una legge: se non è il Mattarellum, va bene anche la bozza Violante. Purché non si abolisca il premio di maggioranza, sennò ci aspettano larghe intese per i prossimi 15 anni».
Alessandro Trocino
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