by Sergio Segio | 29 Settembre 2013 7:19
ROMA — Per tirare avanti il signor Mario fa il doppio lavoro. Di giorno colf in una famiglia (sì, lo fanno anche gli uomini), di sera co.co.co per un’impresa di pulizie. Doppio lavoro per un doppio problema: un debito con il vecchio padrone di casa e una carta revolving, quelle che permettono di comprare subito per poi pagare in scomode rate, con un tasso di interesse che ti strozza. Due figli piccoli, 40 anni e una moglie che ha perso il lavoro, Mario non ce la fa più. E chiede una mano alla Caritas. È una delle 70 persone in difficoltà che ogni mese si rivolgono agli sportelli romani dell’organizzazione. Grazie ad un prestito agevolato è riuscito a chiudere quella trappola chiamata revolving, con l’impegno di pagare di suo il debito con il padrone di casa. Per questo continua a fare il doppio lavoro, continua a spezzarsi la schiena 14 ore al giorno, continua a vedere i figli solo la domenica quando va bene. Eppure è un uomo fortunato.
Nel 2012 gli italiani hanno lasciato in sospeso debiti per 34 miliardi di euro. Una media di 566 euro a testa, neonati compresi che ormai nascono già con la cambiale vicina al biberon. E una crescita galoppante che nemmeno il Pil cinese dei bei tempi: più 11% rispetto al 2011, più 48% rispetto a due anni prima. I numeri arrivano da chi il problema lo conosce bene: l’Unirec, l’associazione che riunisce le società di recupero crediti. Uno dei pochi business in espansione, con un aumento della aziende che operano nel settore. Ma anche il loro lavoro si è fatto più difficile. Perché aumentano i debiti lasciati in sospeso, ma diminuisce la fetta di quelli che riescono a recuperare: siamo scesi al 21,5% contro il 24,1% dell’anno precedente. Non si paga subito e non si paga nemmeno dopo, quando a casa bussa l’esattore che pure sa essere molto convincente.
C’è la crisi, la gente perde il lavoro, va in cassa integrazione. Anche chi il lavoro ce l’ha guadagna meno di prima. E nel cassetto del comò di casa Italia si accumula di tutto: bollette, rate della macchina, cedolini per l’affitto o il condominio. Nel 2012 gli sfratti per morosità (quelli che non pagano l’affitto) sono stati 60.244, contro i 52.291 del 2008. Anche per i mutui le cose vanno peggio. Il tasso di default, almeno sei rate di ritardo, è arrivato nel marzo 2013 al 2% contro l’1,6% di un anno prima. «E la situazione generale dovrebbe peggiorare ancora nel triennio 2013-2015» prevede Daniela Bastanielli, di Crif, la società che con Assofin e Prometeia misura periodicamente la temperatura del credito nel nostro Paese. L’evasione aumenta pure per le rate del condominio: siamo arrivati al 24% rispetto al 10% fisiologico di prima della crisi, secondo l’associazione degli amministratori Anammi. «E ormai — spiega il presidente Giuseppe Bica — il problema riguarda anche i quartieri considerati agiati, come san Babila a Milano o i Parioli a Roma. Spesso sono case grandi e con alte spese di mantenimento lasciate in eredità. I figli non ce la fanno a mantenerle perché non hanno lo stesso tenore di vita dei genitori». Una staffetta generazionale al ribasso, un’immagine perfetta della crisi. E stiamo inquadrando chi almeno può contare sui gioielli di famiglia.
Ma se molti non pagano perché non ce la fanno, altri non pagano perché non vogliono, perché sono abituati così, perché tanto siamo in Italia. Difficile spiegare altrimenti certi numeri. Sugli autobus un viaggiatore su cinque fa il «portoghese», dicono le stime delle aziende di trasporto. Tre milioni di auto, il 7% del totale, vanno in giro senza l’assicurazione e le tariffe più alte d’Europa, che devono scendere, non possono essere una giustificazione. Altri due milioni di macchine non pagano il bollo, mentre a Roma è risalita l’evasione da parcheggio a pagamento: siamo al 12,4%, due punti in più di prima della crisi. E poi ancora ci sono le vecchie multe non pagate per un totale di un miliardo e mezzo di euro, quell’italiano su quattro che non versa il canone Rai, il 4,3% che non paga l’acqua e l’1,2% che non paga la luce. Oppure che la paga con il trucco, come le calamite che rallentano il contatore e che, per non dare sospetti, hanno sopra pure una bella immagine di Padre Pio. Che cosa sta succedendo?
«La lunga durata di questa crisi rischia di innescare un meccanismo di rivalsa nei confronti della società» dice Bruno Mazzara, professore di Psicologia dei consumi alla Sapienza di Roma. Rivalsa, in che senso? «Ho perso il lavoro, ho perso la dignità e allora mi compro quello che mi serve, dal telefonino alla macchina, per restare dentro un modello culturale che nonostante tutto continua ad essermi imposto ogni giorno. E poi non pago, tanto chi se ne frega, dal domani sono ormai psicologicamente lontano. Di fatto significa rinunciare ad un progetto di futuro, all’idea stessa di società». Troppo pessimista il professore? Purtroppo i segnali ci sono. Per le vendite a rate, quelli che non pagano sono saliti nel marzo 2013 al 2,6% contro il 2,1% di prima della crisi, nel 2007. Sono tornate di moda pure le cambiali, cresciute nel 2012 addirittura del 44% rispetto al 2009. E per il futuro le società di recupero credito dicono che andrà ancora peggio: nel 2013 prevedono un aumento del 10% per i debiti lasciati in sospeso e una diminuzione della percentuale che loro riusciranno a far pagare. Non si paga subito e non si paga nemmeno dopo, la tendenza si rafforza.
Del resto l’esempio viene direttamente dalla Repubblica italiana. La pubblica amministrazione ha accumulato nei confronti delle aziende un debito di 90 miliardi di euro. Tre volte quello lasciato in sospeso da famiglie e imprese. Anche Comuni e ministeri rientrano fra quelli che non pagano le bollette di luce e acqua. E per lungo tempo non abbiamo nemmeno saputo a quanto ammontasse di preciso quella montagna di soldi mancati che ha portato alla chiusura di tante aziende. Da qualche mese i pagamenti sono cominciati. Anche se in ritardo la pubblica amministrazione salda i suoi debiti. Forse c’è ancora tempo per ricostruire quel patto di fiducia fra Stato e cittadini che in Italia è stato sempre traballante e che la crisi rischia di rompere per sempre. L’alternativa è far saltare definitivamente ogni regola, lasciar scivolare la vita di tutti i giorni e un intero Paese verso la scena di un vecchio film dei fratelli Marx. Dice Chico: «Ti faccio una proposta. Ci devi 2 mila dollari: ce ne dai 2 mila e facciamo pari». Risponde Groucho: «Non è un’idea malvagia. Allora io sento il mio avvocato, e se mi consiglia di accettare cambio avvocato». Non ci sarebbe nulla da ridere.
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