«Ho sentito Rouhani». Svolta di Obama

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NEW YORK — Si chiude con un annuncio storico, la settimana dell’Assemblea Generale dell’Onu. Per la prima volta dal 1979, l’anno della rivoluzione khomeinista, il presidente degli Stati Uniti ha avuto un colloquio con un leader del regime iraniano. E’ stato lo stesso Barack Obama ad annunciare ai media di aver parlato al telefono con il presidente della Repubblica islamica, Hassan Rouhani, il quale da esperto comunicatore lo aveva già anticipato su Twitter, mentre era in viaggio in macchina verso l’aeroporto per rientrare a Teheran. Il capo della Casa Bianca si è detto convinto che, «nonostante esistano ostacoli importanti e il successo non sia affatto garantito, è possibile arrivare a una soluzione comprensiva» sulle ambizioni nucleari dell’Iran: «La condizione è che sia un’azione significativa, trasparente e verificabile».
Intanto appariva cosa fatta ieri sera, al Consiglio di Sicurezza, l’approvazione della risoluzione sull’eliminazione delle armi chimiche in Siria, con cui la diplomazia internazionale torna protagonista per tentare di arginare una crisi che ha già causato centinaia di migliaia di morti e milioni di rifugiati. Contemporaneamente, i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia hanno incontrato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il suo mediatore per la Siria, Lakhdar Brahimi, per fissare una nuova data per la conferenza di pace, Ginevra 2. «E’ l’inizio di un percorso accidentato e non bisogna farsi illusioni, ma sono ottimista se solo penso alla situazione di poche settimane fa», ha commentato il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, che sin dall’estate aveva indicato il bando sulle armi chimiche, usate nel bombardamento del 21 agosto dalle truppe di Assad, come il gancio con cui la comunità internazionale avrebbe potuto riprendere il filo della trattativa nella partita siriana. Per il capo della Farnesina è adesso essenziale garantire con una progressiva cessazione delle ostilità il lavoro degli ispettori, che saranno sul campo già da martedì.
Certo la risoluzione messa a punto al Palazzo di Vetro è frutto di un compromesso. Sui due punti più controversi — l’indicazione della responsabilità del regime siriano nell’uso degli ordigni chimici e l’automatismo del ricorso alla forza militare in caso di inadempienza — i Paesi occidentali hanno accettato l’ambiguità e la gradualità pretese dalla Russia per dare il via libera. Così, la «forte» condanna per il bombardamento di agosto non punta il dito verso alcuno. Mentre, al paragrafo 21, il Consiglio decide che la non osservanza della risoluzione comporterebbe il ricorso alle procedure del Capitolo VII della Carta dell’Onu, quello che prevede l’uso della forza. In altre parole, se il regime di Assad risultasse moroso, sarebbe necessaria una nuova risoluzione prima di autorizzare una sanzione militare. «Nessuna concessione è stata fatta», ha detto il vice-ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov. Ma come ha notato Samantha Power, ambasciatrice Usa al Palazzo di Vetro, «è la prima volta dall’inizio della guerra civile» che l’esecutivo dell’Onu riesce a imporre obblighi legali al regime di Damasco.
Paolo Valentino


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