Bernabè: «Pronto a farmi da parte» Le garanzie di Telefonica sulla rete

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«E’ una decisione sofferta che prenderei soprattutto per una ragione: evitare la spaccatura del consiglio di amministrazione, cosa che sarebbe un danno grave per l’azienda». Nel frenetico rincorrersi delle voci ora in pole position ci sarebbe pronto già il nome di Massimo Sarmi, attuale numero uno di Poste Italiane e in subordine quello di Francesco Caio il neoresponsabile dell’Agenzia digitale. La decisione di Bernabè, dopo giorni pieni di dichiarazioni di fuoco contro la mossa di Telefonica e degli azionisti italiani di Telco, verrebbe spiegata con la preoccupazione di non spaccare il consiglio alla luce della sua intenzione — nemmeno tanto velata — di proporre già alla prossima riunione un aumento di capitale di 3-5 miliardi. Decrittare la svolta impressa da Bernabè con la mossa delle sue dimissioni è ancora presto in questo gioco di specchi che caratterizza la scalata degli spagnoli.
Di certo tutti i protagonisti, dopo le dichiarazioni bellicose fatte a caldo, ora hanno bisogno di tempo. Gli spagnoli di Telefonica, dopo un incontro fatto l’altro giorno ai massimi livelli con il governo italiano, hanno fatto sapere che useranno tutto le cautele diplomatiche per arrivare in modo soft al controllo di Telecom e garantire sia lo scorporo della rete sia gli investimenti. Queste assicurazioni, anche se tardive, avrebbero reso meno nervoso l’esecutivo. Sul fronte societario, Mediobanca, tra gli altri, avrebbe manifestato apprezzamento per il gesto di Bernabè che dimostrerebbe nei fatti la scelta di non spaccare il fronte dei soci anteponendo l’interesse aziendale a quello personale. Vedremo se davvero giovedì le dimissioni ci saranno o se, nel frattempo, gli eventi prenderanno un altro corso.
Il governo, che ieri avrebbe dovuto varare con un decreto del presidente del Consiglio, l’estensione al settore della telefonia della golden power in virtù dei riconosciuti interessi strategici della rete — in merito si sono espressi anche i servizi di sicurezza, vedi Copasir e Dis — ha deciso di soprassedere. Troppa carne al fuoco con la fibrillazione del Pdl in difesa a oltranza di Silvio Berlusconi. Non secondaria anche la sostanziale bocciatura da parte del capogruppo Pdl alla Camera e responsabile economico Renato Brunetta di tutte le «pillole avvelenate» (Opa e golden share) che il governo avrebbe intenzione di attuare. Per Brunetta, introdurre queste variazioni delle regole a gioco già iniziato, significherebbe «la fine della certezza del diritto» e non senza qualche ragione si è chiesto quale investitore straniero si presenterebbe in Italia. Anche il viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà, dopo le prime bellicose dichiarazioni, ieri ha tirato il freno a mano. «Finora lo scorporo societario sembra sia volontario: un atto non scontato e sufficiente — ha spiegato — quindi, non bisogna intervenire con strumenti autoritativi». «Se l’intenzione verrà a mancare — ha sottolineato Catricalà — si potrà fare come per Snam e sempre con un’operazione market friendly». Sull’Opa invece ha mantenuto la linea interventista. Soprattutto dopo il sostanziale via libera del presidente Consob Giuseppe Vegas. «La probabilità è più che una possibilità e io dico che è possibile ma difficile da realizzare». Il gioco di parole diventa più comprensibile nel passaggio successivo quando Catricalà precisa che «se c’è l’accordo si può fare, ma non deve essere una regola buona per una sola partita, ma per tutte le operazioni di mercato» .
Roberto Bagnoli


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