by Sergio Segio | 28 Settembre 2013 7:00
ROMA — Prima la verifica politica, poi i provvedimenti economici a cominciare dal rinvio dell’Iva. Ammesso che si faccia in tempo ad evitarlo, perché per legge l’aliquota passerà dal 21 al 22% dal primo ottobre, ed il chiarimento preteso da Enrico Letta con la maggioranza dovrebbe avvenire tra lunedì e martedì, quindi fuori tempo massimo.
Di fronte alle dimissioni in massa dei parlamentari del PdL, che contestano l’eventuale decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato, il presidente del Consiglio ha scelto la linea dura. Togliendo dal tavolo del Consiglio dei ministri il decreto sull’Iva, che era stato chiesto a gran voce proprio dal PdL.
Il pacchetto messo a punto dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e per ora accantonato, stanziava un miliardo per il rinvio dell’Iva al 2014, coperto però da un aumento delle tasse sulla benzina, immediatamente contestato dal PdL, poco più di un miliardo per riportare il deficit 2013 sotto il tetto del 3% del Pil e settecento milioni per il rifinanziamento della Cassa integrazione in deroga per questi ultimi mesi dell’anno (330 milioni), il fondo per l’assistenza degli immigrati (210 milioni), l’integrazione ai Comuni per l’Imu (120 milioni) e la social card (35).
Per finanziare i nuovi interventi, oltre all’aumento delle accise sulla benzina (2 centesimi subito e 2,5 da gennaio 2014), la bozza del decreto prevedeva tagli alla spesa dei ministeri, e soprattutto l’aumento degli acconti fiscali di novembre dovuti dalle imprese per l’Ires e l’Irap, che salgono entrambi al 103% con un maggior incasso sul 2013 di 890 milioni. La manovra relativa alle accise sui carburanti porterebbe nelle casse dell’erario oltre un miliardo, 185 milioni già quest’anno e 906 per il 2014, mentre i tagli a carico delle «spese rimodulabili» dei ministeri non sono quantificati in dettaglio nella bozza del decreto.
Il provvedimento, oltre a rinviare l’aumento dell’aliquota ordinaria dell’Iva dal 21 al 22% dal primo ottobre al primo gennaio dell’anno prossimo, prevedeva anche la riforma delle aliquote agevolate del 4 e del 10%. Entro dicembre, si legge nel testo, saranno «ridefinite le misure delle aliquote ridotte dell’Iva, nonché gli elenchi dei beni da assoggettare alle medesime», è scritto nella bozza del decreto, assicurando in ogni caso «l’invarianza del gettito complessivo».
L’unico «bene» che in ogni caso, comunque vada, non subirà aumenti di prezzo con lo scatto dell’Iva saranno sigarette e tabacchi. Troppo preoccupato, il governo, per il calo dei consumi in atto da mesi ed i suoi effetti sul gettito fiscale, per potersi permettere un aumento del prezzo al consumo dei tabacchi. Nei primi otto mesi di quest’anno, spiega la relazione tecnica che accompagna la bozza del decreto, il consumo delle sigarette è sceso del 7,3%, ed il gettito del 6,1%: 455 milioni di euro in meno, che se il trend dovesse continuare aprirebbero un problema di non poco conto per i conti pubblici. Così, per evitare sorprese, il governo ha messo le mani avanti. Da gennaio aumenterà l’Iva ma, a scanso di sorprese, diminuirà per un pari importo (lo 0,67% dice la relazione tecnica) l’accisa sui tabacchi. Così da lasciare invariati i prezzi al consumo ed i margini di guadagno dei rivenditori.
Con il decreto sul rinvio dell’Iva il governo accelera sulle dismissioni, snellendo le procedure per il conferimento di immobili ai fondi, e cerca di puntellare le coperture per la cancellazione della prima rata Imu. La sanatoria sui danni erariali prodotti dalle imprese concessionarie dei giochi dei Monopoli rischiava di non produrre i 600 milioni attesi. Così lo «sconto» è stato aumentato: le imprese non pagheranno più il 25, ma il 20% del danno accertato, ed il gettito atteso è stato rivisto a 495 milioni. Sempre che le imprese paghino: i termini sono strettissimi e, finora, sono entrati appena 75 mila euro.
Mario Sensini
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