Il rischio crisi compatta il Pd Regole, sì all’unanimità

by Sergio Segio | 28 Settembre 2013 6:59

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ROMA — I venti di crisi fanno il miracolo e ricompattano il Pd. Una direzione lampo, ieri mattina, ha messo la parola fine sulle regole del congresso, tema che ancora pochi giorni fa ha provocato un finale drammatico di Assemblea, con colpi di scena e guerriglia interna. Ieri le regole sono passate all’unanimità (salvo un astenuto, Graziano Milia), in un clima di apparente concordia.
Le redini le ha prese Stefano Bonaccini, segretario regionale dell’Emilia Romagna, subentrato a uno spossato Roberto Gualtieri. Pur confessando di non aver dormito due notti, Bonaccini è riuscito a condurre in porto, senza la minima tempesta, una nave con un equipaggio che non sembrava neanche lo stesso dell’Assemblea. Tutti d’accordo sull’iter che porterà al Congresso l’8 dicembre, giorno in cui si svolgeranno le primarie. Data che tutti (almeno in pubblico) giurano come imprescindibile e non soggetta ad alea, nonostante gli scenari foschi non facciano sperare in nulla di buono. E nonostante non sia affatto escluso che un precipitare della crisi faccia saltare tutto. Nel processo decisionale sono stati coinvolti anche Beppe Civati e Gianni Pittella, gli altri due candidati potenziali (oltre a Matteo Renzi e Gianni Cuperlo). E la nuova situazione che si è creata avrebbe ricondotto a più miti consigli anche i rappresentanti del presidente del Consiglio, che era dato tra gli avversari dell’accordo.
Il regolamento prevede in apertura la presentazione delle candidature, che deve avvenire entro le 20 dell’11 ottobre 2013. A questo punto si potrà avviare il procedimento che porta alla convocazione del 24 novembre prossimo della Convenzione nazionale, l’organismo che si occupa della prima parte del procedimento per poi passare la mano all’Assemblea che viene eletta con il segretario.
Prima, però (dall’11 al 17 novembre) dovranno svolgersi le riunioni di circolo e quindi le convenzioni provinciali. A livello locale, infatti, oltre a discutere delle candidature si sceglieranno i componenti della Convenzione nazionale (1.000 delegati), che poi verrà integrata dai «delegati per funzione». La questione delle liste collegate si è risolta con la vittoria di chi ne voleva solo una a sostegno di ogni candidato: un modo per ridurre il peso delle correnti (anche se poi nella stessa lista, non essendoci le preferenze, si farà spazio alle diverse «anime»).
Uno dei punti chiave è quello che di solito viene riassunto con la locuzione di «primarie aperte»: si potrà votare fino all’ultimo, dichiarando di riconoscersi nella proposta politica del Pd e accettando di registrarsi nell’Albo pubblico. Si pagheranno 2 euro (solo i non iscritti) e ogni candidato avrà un tetto di 200 mila euro per la campagna.
Se la crisi dovesse precipitare, il Pd dovrebbe cercarsi un candidato premier. Lo statuto prevede ancora l’identità tra il segretario e il candidato: all’Assemblea, unica autorizzata a cambiare, non si era riusciti a far passare la modifica. Epifani ieri ha rinnovato l’appello per un accordo politico per far sì che il segretario, una volta eletto, si impegni a far tenere primarie aperte per la premiership. Cuperlo è stato il primo a dichiarare il suo sì (nessuna notizia da Renzi, presente alla Direzione, ma silente). Ovviamente, il rinnovato appello ha fatto piacere anche a Letta, il cui ruolo non è detto che sia estraneo all’iter congressuale e che qualcuno dà come un possibile candidato alternativo, a spezzare il duopolio maggioritario Renzi-Cuperlo.
Epifani, vista la situazione, ha proposto che «la direzione sia convocata permanentemente».
Alessandro Trocino

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