Il premier chiede un voto in Aula Ma è lite tra ministri

by Sergio Segio | 28 Settembre 2013 6:54

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ROMA — Ci sarà un «chiarimento» in Parlamento all’inizio della prossima settimana. La lunga giornata del premier Enrico Letta, di ritorno da New York, ha un momento chiave nel colloquio al Quirinale con il capo dello Stato Giorgio Napolitano, ma è costellato da una serie di incontri con i leader di Pd e Pdl e si conclude a sera con un Consiglio dei ministri tesissimo, che non allenta la tensione e anzi provoca l’ennesimo scontro. All’aut aut di Letta, «prendere o lasciare», il Pdl risponde a muso duro e il premier rinvia tutti i provvedimenti economici a dopo il chiarimento. Intanto le parti sociali e le associazioni, da Confindustria all’Accademia dei Lincei, esprimono forte preoccupazione per la tenuta dell’esecutivo e per la stabilità dell’Italia.
Una giornata drammatica, nella quale si rincorrono voci contrastanti sulle intenzioni del Pdl. A scatenare lo scontro è stata la decisione di dimettersi in massa in segno di solidarietà al leader Silvio Berlusconi che presto potrebbe essere dichiarato decaduto. Il presidente Napolitano si è espresso duramente contro questo annuncio «inquietante», definendo «assurda e grave» l’idea che ci sia un colpo di Stato. E lo stesso Letta ha reagito duramente parlando di «umiliazione» dell’Italia.
Tornato in Italia, il premier comincia la giornata incontrando a pranzo Angelino Alfano. Letta chiede un chiarimento «senza ma e senza se», che non avrà. Il premier respinge ogni ipotesi di intervento in favore di Berlusconi e definisce «gravissime» le dimissioni del Pdl. Non aiuta neanche la convocazione in piazza Farnese, per il 4 ottobre, di una manifestazione al grido «siamo tutti decaduti». Alfano va a Palazzo Grazioli a riferire a Berlusconi. I falchi, intanto, premono: «Prolungare l’agonia di questa legislatura non serve a nessuno», dice Sandro Bondi.
Più tardi Letta incontra il segretario del Pd Guglielmo Epifani. A Palazzo Chigi arriva anche lo zio di Enrico, Gianni Letta. Incontri non risolutori, che preparano il colloquio delle 18 al Quirinale, che dura un’ora e mezza. Letta spiega non si può andare avanti in un clima di tensione continua. La richiesta di chiarimento «inequivoca e definitiva», in Parlamento, già a partire da lunedì o martedì, è un percorso «pienamente condiviso» dal presidente Napolitano.
Nel frattempo Dario Franceschini incontra i ministri del Pd e si concorda una linea dura: il governo può proseguire solo se ci sarà «un chiarimento definitivo», come già chiesto in mattinata da Epifani. E se il fronte del Pd sembra compatto, con un Renzi attendista, rimasto in silenzio per l’intera giornata ma pronto a scendere in campo in caso di accelerazione della crisi, nel Pdl le acque sono agitate.
Non tutti i parlamentari si sono dimessi. Tra i dissidenti, che pure confermano solidarietà al Cavaliere, ci sono il ministro Gaetano Quagliariello, Giuseppe Castiglione e Carlo Giovanardi. Nel Pdl c’è chi frena. Renato Brunetta invoca «grande determinazione» nella difesa di Berlusconi, ma anche «grande senso di responsabilità nel proseguire nell’azione di governo». E i ministri centristi — Mario Mauro, Anna Maria Cancellieri, Gianpiero D’Alia ed Enzo Moavero Milanesi — invitano il Pdl a un passo indietro: «Serve, mai come oggi, un supplemento di responsabilità».
Intanto lo spread sale, insieme alla preoccupazione. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, firma un documento di sostegno al governo con Abi, Alleanza Cooperative, Ania, Confindustria e Rete Imprese Italia. E attacca: «Con tutti i sacrifici che hanno fatto gli italiani, sarebbe folle mettere tutto a repentaglio». L’Accademia dei Lincei esprime «vicinanza e solidarietà, per la sua indefessa e saggia opera in difesa del bene del paese e della sua Costituzione». Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta attacca: «Se aumenta l’Iva è colpa del caos provocato dal Pdl».
A sera, il consiglio dei ministri. I berlusconiani fanno sapere che non si va da nessuna parte se nel chiarimento si esclude la «questione giustizia». La situazione precipita. Letta fa slittare manovrina e rinvio dell’aumento dell’Iva: senza il chiarimento in Parlamento non si può fare nulla. La sospensione di provvedimenti «anche rilevanti di natura fiscale e economica» è dovuta all’impossibilità «di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro senza la continuità dell’azione di governo». Il ministro Graziano Delrio annuncia: «Il premier chiederà la fiducia alle Camere su un discorso programmatico». E Letta conclude: «O si rilancia o l’esperienza è chiusa».
Alessandro Trocino

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