«Basta con il jet lag permanente» Madrid vuole lasciare l’ora europea
MADRID — Quando si guida da Barcellona a Madrid, a circa un terzo del viaggio si passa sotto un’arco sottile in leggera diagonale rispetto all’autostrada. I cartelli spiegano che proprio in quel punto corre il «meridiano di Greenwich». Ci vorranno altri 450 chilometri verso l’Atlantico per arrivare a Madrid e almeno altri 300 per il confine portoghese. A guardare l’orologio sotto l’arco, però, i conti non tornano. A Londra, vicinissimo a Greenwich, sono, diciamo, le 19. In Spagna invece l’orologio segna le 20. Eppure il sole è alla stessa altezza sull’orizzonte. Gli inglesi stanno cenando dopo essere usciti dall’ufficio e aver fatto una capatina al pub. A Madrid invece nessuno pensa di mettersi a tavola. I parchi sono pieni di bambini che giocano, negli uffici si lavora e i negozi si preparano per l’ondata finale di compere prima della chiusura fissata tra le 21 e le 22. La Spagna è sullo stesso fuso orario di Roma, Parigi e Berlino. Ma nessuno ha avvertito il sole di tramontare quando tramonta sulla Porta di Brandeburgo.
A inserire la Spagna nel fuso centro europeo fu nel 1942 il caudillo , il dittatore Francisco Franco, per condividere anche l’ora di Hitler e Mussolini oltre al comune odio per il comunismo e le democrazie liberali. Settantun’anni dopo, le lancette potrebbero fare marcia indietro. Ieri, dopo dieci anni di lotte, convegni, studi, ricerche, la Comisión Nacional para la Racionalización de Horarios Españoles, è riuscita a portare la sua guerra dei fusi nel Congresso. La prima battaglia è vinta: l’apposita commissione parlamentare ha «raccomandato» al governo di cambiare l’orario per legge. Con un iter normale il cambio dell’ora potrebbe essere varato già l’estate prossima.
Come si fa a mettere a letto i bambini con un sole ancora alto così? Come si prepara la cena quando il caldo soffoca la cucina. E, di conseguenza, come ci si può svegliare presto e lavorare già alle 8 del mattino quando la sera prima ci si è messi a tavola per la cena alle 22 e il fischio d’inizio della partita in tv è alle 22.30? In fondo la questione del fuso è tutta qui. In Spagna si va a letto tardi. Se la cena fosse alle 21 anche l’appuntamento con Morfeo si avvicinerebbe di un’ora. Lo stesso, forse, per la sveglia del mattino e l’inizio del lavoro. In Spagna è raro vedere negozi aperti prima delle 10 e sostanzialmente sino a mezzogiorno le città funzionano a ritmo ridotto. Senza contare l’intervallo pranzo lungo almeno due ore che ha inglobato la celebre siesta già combattuta nel decennio scorso dai governi socialisti. In compenso la sera si sta in ufficio sino alle 20 e il 90% dei programmi tv finisce dopo le 23.30.
La «Comisión Nacional» è un organismo privato, promosso da imprenditori, economisti, scienziati di ogni branca. Hanno studiato bioritmi, produttività, salute, risparmio energetico e persino le possibilità di un aumento del Pil nel caso le loro ricette venissero applicate. Tante dotte ricerche dicono in sostanza che il «mattino ha l’oro in bocca» e che non è il caso di perderlo ciondolando per una notte troppo corta. È indubitabile: in Spagna si dorme poco. Un’ora (appunto) meno della media europea. Le conseguenze si vedono nelle anticamere dei chirurghi plastici e negli indici di produttività. Come in altri Paesi caldi, Italia compresa, in Spagna si lavora più ore per lo stesso rendimento rispetto ai Paesi del Nord. Ma basterà spostare le lancette per trasformare in efficienti mattinieri degli inveterati nottambuli come gli spagnoli?
Carmen Quintanilla, presidente della Commissione parlamentare ha proclamato che il cambio di fuso è «una pietra miliare», ma solo il principio di un’opera di ingegneria sociale che renderà gli spagnoli più simili agli inglesi. «Già — ha commentato amaro Francis Ortiz un lettore di El Pais — dovremmo anche guidare a sinistra, ubriacarci nei weekend, avere solo tre piatti tipici invece di mille, guadagnare il doppio (e in sterline) e mascherarci da paradiso fiscale. Così sono d’accordo anch’io». La guerra del fuso è appena cominciata.
Andrea Nicastro
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