Qatar, gli schiavi dei Mondiali di calcio “Lasciati morire senza acqua né cibo”
BEIRUT — Sotto le altissime torri e le isole artificiali sulle quali il Qatar ha costruito la sua immagine d’esorbitante ricchezza si nasconde una nuova forma di schiavitù, accusa il giornale britannico The Guardian.
Morti sul lavoro al ritmo di uno al giorno, soltanto fra gli immigrati nepalesi. Operai costretti a turni massacranti in condizioni impossibili, lasciati senza paga e, in certi casi, senza cibo. Passaporti confiscati. Sfruttamento. Accanimento poliziesco. Così, il piccolo e potente emirato si prepara ad
ospitare i Mondiali di calcio del 2022.
L’inchiesta condotta dal Guardian è partita da una notizia trapelata nelle scorse settimane, secondo cui una trentina di lavoratori immigrati da Nepal si sarebbero rifugiati nella loro ambasciata per sfuggire alle condizioni inumane in cui si sono ritrovati. Da lì, il giornale ha allargato l’obbiettivo sullo stato degli operai stranieri che cominciano ad affluire al richiamo delle grandi opere progettate in vista dei Mondiali del 2022, un evento per il quale il Qatar investirà 100 miliardi di dollari, una cifra stratosferica, tanto per restare in tema, equivalente a due volte e mezzo il Pil del Nepal (39 miliardi di dollari).
«Lavoravamo a stomaco vuoto per 12 ore filate — racconta all’inviato del Guardian Ram Kumar Mahara di 27 anni — e la sera non ci davano da mangiare. Ma quanto ho protestato con il mio capo, mi ha insultato, mi ha colpito e mi ha cacciato dal campo di lavoro. Ho dovuto chiedere la carità dei miei compagni per non morire di fame». Un altro operaio descrive l’inferno su un impalcatura a 50 gradi all’ombra e le difficoltà incontrate persino per bere un po’ d’acqua. Un terzo parla degli alloggi dove i lavoratori dovrebbero riposare e dove, invece, costretti in 12 in una stanza, trovano solo sporcizia e promiscuità.
E’ questo il quadro desolante in cui, secondo i documenti forniti al Guardiandall’ambasciata nepalese, dal 4 Giugno all’8 di Agosto 2013, sono morti 44 immigrati, la maggior parte giovani, colpiti da crisi cardiache o vittime di incidenti sul lavoro. Un dato sconvolgete che autorizza alcuni esperti a prevedere che, quando i cantieri del Mondiale gireranno a pieno ritmo, vi potrebbero essere 4000 mila vittime.
Ma non basta. Se allo sfruttamento e alla durezza delle condizioni di lavoro si aggiunge l’assoluta mancanza di ogni tutela giuridica, quando non l’arbitrio
e il ricatto da parte di capi e capetti, subappaltatori e trafficanti di braccia, allora si ha quella che il Guardian ha definito «una moderna forma di schiavitù». Perché guai a protestare. Il passaporto che è già in mano agli “sponsor” sparisce del tutto, il salario, parte del quale serve a pagare i costi del viaggio e dell’ingaggio, con interessi fino al 36%, viene negato. «Ma non possiamo neanche tentare la fuga — racconta un lavoratore — perché saremmo banditi da tutte le frontiere». E allora il ricchissimo emirato dove, in teoria, tutto si misura con il metro della “sostenibilità” e del rispetto della “dignità umana”, diventa quella che un diplomatico del Nepal ha definito «una prigione a cielo aperto».
L’inchiesta del giornale inglese non è caduta nel silenzio. Il Comitato organizzatore dei Mondiali “Qatar 2022” ha precisato che le opere per la grande e discussa manifestazione sportiva non sono ancora cominciate e che le violazioni e gli abusi denunciati dal Guardian sono stati trasmessi alle autorità competenti le quali hanno aperto un’inchiesta. Ma la precisazione del Comitato non è inoppugnabile.
Chi ha avuto modo di visitare il piccolo emirato, sa che il traguardo dei prossimi anni sono già oggi, i Mondiali di Calcio. E molte imprese occidentali si ripromettono sin da ora di raggiungerlo. La stessa opera in cui sono stati riscontrati gli abusi di cui ha parlato il Guardian, una città capace di 200-250 mila abitanti, costruita dal nulla, chiamata Lusail, è destinata ad ospitare lo stadio da 90mila persone in cui si dovrebbe svolgere la finale del torneo. E a cos’altro dovrebbero servire le decine di alberghi, i due porti turistici, i grandi centri commerciali che stanno per sorgere?
Eppure, soltanto adesso, i responsabili dell’industria globale del calcio, sembrano essersi accorti che in Qatar, d’estate, la temperatura media è attorno ai 50 gradi. Il Comitato organizzatore assicura di poter fornire stadi dotati di aria condizionata, ma la Fifa ne palerà il 3 e 4 Ottobre a Zurigo. Qualcuno pensa a spostare il mondiale 2022 d’inverno.
Che ci vuole? Basta interrompere per un mese i campionati nazionali di calcio in 32 paesi.
Fonte: ALBERTO STABILE, la Repubblica
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