by Sergio Segio | 26 Settembre 2013 7:32
TORINO. Il ministro degli interni è piombato nel cantiere di Chiomonte dell’alta velocità ieri alle dieci: il cielo è azzurro e l’aria racconta l’arrivo dell’autunno e delle sue malinconie. È una mattina come tante altre in valle: appena fuori Susa c’è un blocco dei carabinieri con sei agenti, un autoblindo e una automobile. I valsusini che pensano all’alta velocità lo fanno soprattutto in virtù del convegno che si svolgerà da venerdì a domenica a Vaie, organizzato da Etinomia: “Gli Stati generali del lavoro, alternative in movimento”. Tavoli tematici, incontri, riunioni e confronti sul significato del lavoro oggi, sul reddito di cittadinanza, sul ruolo dell’impresa e il mondo cooperativistico. E molto altro. Ma evidentemente l’eccitamento degli ultimi mesi non deve essere passato da parte chi vuole l’opera, a cui probabilmente sarebbe opportuno togliere la cassetta di Apocalypse now. Così mentre la valle pensa al lavoro, giunge il ministro, e fa una specie di blitz in stile Afghanistan. Un arrivo a sorpresa nel cantiere: si ferma poche ore, il tempo necessario per lanciarsi in dichiarazioni volte a stemperare il clima. «Sono venuto al cantiere della Tav a pochi giorni dall’avvio della fresa che scaverà il tunnel della Torino-Lione per dire che lo Stato c’è e che difende le sue opere. Quello di Chiomonte – ha ribadito il ministro Alfano – è un cantiere di interesse strategico, l’opera è stata votata dal Parlamento e si è già iniziato a realizzarla». Poi la sobria chiosa finale: «Lo Stato è pronto a mandare altri militari». Viene da domandarsi, nel caso, dove li metteranno perché tra queste montagne siamo ormai al completo. Il ministro, circondato da politici e giornalisti tutti rigorosamente vestiti con giubbetto giallo fosforescente e cappellino da cantiere, passa in rassegna le truppe, saluta e se ne va.
A rasserenare il clima dopo le parole un po’ gratuite del ministro ci pensa Mario Virano, commissario straordinario: «C’è un’ambiguità tra gli amministratori (No Tav, ndr) che sono persone civili, ma ferme sul rifiuto di prospettive negoziali. La loro posizione contempla una sola opzione, che la Tav non si faccia. Finché non accetteranno decisioni che non condividono possono prendere le distanze finché vogliono da azioni violente, ma se non sciolgono l’ambiguità rimane un oggettivo legame tra chi si avvale di questa legittimazione e di chi opera sul campo per bloccare il progetto».
L’obiettivo del Commissario probabilmente sono le barricate di carta delle amministrazioni locali, in primis la comunità montana, che rischiano di essere pericolosi granelli di sabbia buttati nell’ingranaggio. Gli amministratori elegantemente invitati alla resa tacciono, e così nel pomeriggio di uno splendido autunno valsusino giunge un altro passo verso la pacificazione del territorio. La procura di Torino ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati il filosofo Gianni Vattimo per falso ideologico. L’europarlamentare, durante una visita presso il carcere di Torino ad alcuni esponenti No Tav arrestati poco prima di ferragosto, si era fatto accompagnare da Nicoletta Dosio e Luca Abbà, noti portavoce del movimento. Secondo la procura Vattimo avrebbe mentito definendo i due «consulenti». Raggiunto dalla notizia il filosofo ha commentato: «L’essere stato indagato per falso è un altro episodio della scandalosa persecuzione giudiziaria verso il movimento No Tav». (vedi intervista accanto)
Alle undici del mattino, nello strenuo sforzo di rasserenare gli animi anche in vista della prossima manifestazione nazionale del 19 ottobre, si concludono i passi istituzionali volti alla costruzione di un sereno confronto. E il movimento cosa fa? Reagisce, perfino un po’ stupito di tanta profusione d’energie. Una raccolta firme per le strade di Susa contro la militarizzazione del territorio, i sopracitati preparativi per il convegno di Etnomia e sopratutto, a questo punto, l’idea di una nuova, ennesima, manifestazione di massa. Probabilmente a metà ottobre. Per ricordare una semplice cosa: No Tav significa massa popolare, pacifica e determinata. I numeri rispetto il duemilacinque non sono variati: quarantamila in valle erano contrari al Tav, quarantamila sono rimasti.
Quarantamila che probabilmente non sanno ancora che i primi, attesi lavori di compensazione, anche se non ufficialmente riconosciuti come tali, in valle sono stati completati. La sala d’attesa e la toilette della stazione di S. Antonino di Susa sono state riaperte.
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