by Sergio Segio | 26 Settembre 2013 6:16
NEW YORK — «Non mi hanno nemmeno avvertito, sono sbigottito. E poi proprio oggi». Il senso di frustrazione di Enrico Letta è racchiuso in queste poche parole. Il presidente del Consiglio, nel suo secondo giorno a Manhattan, si muove da un appuntamento all’altro. Interviste con i network americani, colloqui con gli investitori a Wall Street, l’incontro con Abu Mazen, l’intervento alle Nazioni Unite. Un filo conduttore collega gli appuntamenti: la promozione del Paese, la fiducia per una stabilità che può essere a portata di mano. E invece no, le notizie che arrivano da Roma appaiono vanificare tutti gli sforzi della giornata.
Di prima mattina il presidente del Consiglio suona la campanella della Borsa più famosa del mondo: la bandiere italiane sventolano di fronte alla facciata della Stock Exchange, in una sala interna dell’edificio, davanti ad un gruppo di operatori di Borsa e investitori americani Letta prova a spiegare perché conviene investire in Italia. Scorrono le slides delle ultime riforme fatte nel nostro Paese, il premier illustra i dettagli del piano «Destinazione Italia», un piano che colloca la nostra economica in un contesto diverso, più attrattivo.
Lo ascoltano, sembra convincere, ma è solo un’illusione: quel Paese che il capo del governo illustra come «giovane, virtuoso e credibile» solo poche ore dopo manderà in frantumi le promesse del suo premier. Dimissioni di massa dei parlamentari del Pdl, quando il Cavaliere sarà dichiarato decaduto dalla carica di senatore, annunciate proprio mentre Letta inizia il suo discorso davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite.
Con il passare delle ore la giornata del presidente del Consiglio assume un contorno surreale: cerca di «vendere» l’affidabilità di un Paese che le notizie che vengono rilanciate dall’Italia fanno invece a pezzi, smentendo in modo clamoroso le ragioni del road show del capo del governo.
Berlusconi sostiene che lo arresteranno a Napoli, persino al Palazzo di Vetro arrivano questo tipo di indiscrezioni. Reagisce, il Cavaliere, annunciando, in sostanza, una crisi di governo. Letta continua il suo lavoro come se nulla fosse: «Il mio sforzo è continuare ad aprire il più possibile l’Italia al mondo, ho trovato grande disponibilità da parte degli investitori, sono ottimista, “Destinazione Italia” ha avuto un’ottima accoglienza». Forse a Wall Street, qualche ora dopo l’incontro con il capo del governo, vorrebbero rivedere il giudizio.
Di certo i messaggi del premier scoloriscono: erano accompagnati da una certa fiducia, diventano in un attimo, in qualche modo, anche drammatici: «Il primo punto è spingere per la crescita e avere stabilità politica e dei mercati, con il nostro debito pubblico i tassi d’interesse sul debito sono questione di vita o di morte nel giro di qualche anno. Sto cercando di spingere per la stabilità politica che è cruciale per il nostro Paese, che non è abituato alla stabilità, ci piace la lotta politica, ma dobbiamo convincere la gente che la stabilità è importante».
Continua Letta: «Abbiamo un grande debito che sta diventando un grande problema, che dobbiamo gestire e dobbiamo evitare che il deficit superi il 3% del Pil, stiamo cercando di rispettare questi vincoli», convinti che possiamo farcela. L’obiettivo del governo è quello di «stimolare la crescita e raggiungere la stabilità politica e economica. Visto il debito che abbiamo, la prima cosa è avere tassi d’interesse bassi. Oggi siamo al 4,5 per cento, ma vorremmo scendere entro l’anno prossimo al 2 per cento».
Anche se lo spread sui titoli tedeschi non sembra risentire delle decisioni che arrivano da Montecitorio, le parole di Letta ovviamente acquistano un’altra luce. Contatti con i membri Pdl del governo, da Lupi ad Alfano, servono al premier ad avere un quadro più accurato. Apparentemente, a parte lo sbigottimento e lo sconforto, Letta sembra coltivare il convincimento che gli annunci di Berlusconi si possano risolvere, alla fine, in una sorta di bluff. Ne discute con Pier Ferdinando Casini, anche lui presente a New York. È ottimismo della volontà o ha un quadro complessivo della situazione che non tutti conoscono?
Di certo da ieri il concetto di stabilità tanto propagandato qui a New York è in forte ribasso: «Se non sarà il Pdl a questo punto sarà il Pd ad approfittarne, per lanciare l’operazione Renzi, ho meno fiducia nel futuro di quanta ne abbia il mio presidente», dice un ministro che da Roma chiama New York, si informa della reazione di Letta e che a questo punto è molto restio a scommettere sulla durata del governo.
Marco Galluzzo
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