by Sergio Segio | 25 Settembre 2013 6:12
Quella che Franco Bernabè, presidente operativo di Telecom Italia, ha fatto ieri come battuta mentre Telefonica saliva in Telco riassume involontariamente uno dei quesiti più delicati che si stanno ponendo tutti: cosa succederà, ora, alla governance di Telecom Italia? Dire che Bernabè e il presidente di Telefonica, Cesar Alierta, non si amino è un eufemismo. Lo stesso presidente di Telecom poche settimane fa a Cernobbio, mentre già si parlava delle mire spagnole, aveva preferito ricordare quanto abbia fatto bene a Wind Naguib Sawiris. Ma la tensione affonda le sue radici almeno nel 2012. A partire dall’inizio dello scorso anno il feeling che pure c’era tra i due — che in effetti dialogavano in inglese — si era così raffreddato da spingere Alierta a non partecipare per 12 mesi ai consigli di amministrazione. Il manager spagnolo, Cesareo Izuel Alierta era tornato recentemente a frequentare per ovvi motivi il board. I diversi tentativi di Bernabè, tutti falliti, di portare in casa Telecom degli altri soci industriali, non sono certo da considerarsi estranei al raffreddamento tra i due.
Dunque: sarebbe ingenuo pensare che non ci sia già un piano post-Bernabè almeno nella testa dei «conquistadores». Oggi Bernabè parlerà in Senato. Ma il vero appuntamento-test dovrebbe essere quello del 3 ottobre: il nuovo piano industriale che, da quanto si apprende, dovrebbe essere già stato condiviso con Alierta, sarà probabilmente presentato dall’amministratore delegato Marco Patuano. Gli spagnoli, per adesso, lo vorrebbero dunque mettere alla prova, in attesa di capire cosa succederà con la scadenza del mandato in aprile.
Bernabè non ha dato segnali di voler capitolare prima della scadenza. Ieri ha detto che «Telecom non diventa spagnola, è solo Telco che ha avuto un riassetto azionario». Come dire: per me non cambia nulla. Ma la verità è che Alierta tenterà di cambiarlo appena possibile, spagnolo o non spagnolo.(i due in effetti dialogano in inglese). Si apriranno allora delle partite di vertice che però non dovrebbero portare uno spagnolo in Italia. Alierta non vuole creare ulteriori tensioni, almeno in una prima fase. I candidati naturali per la guida di Telecom non sono nuovi. Nella lista trova posto Massimo Sarmi, ex Tim e Siemens, che in aprile chiuderà un decennio da amministratore delegato alle Poste Italiane con risultati pari a un miliardo di utili netti l’anno. Francesco Caio, ora impegnato oltre che in Avio con General Electric anche con il governo italiano sul fronte dell’Agenda digitale. Tra i papabili potrebbe anche giocarsi le sue carte Stefano Pileri, grande esperto di Rete, stimato dagli spagnoli, anche se in conflitto sui disegni futuri (Alierta non vuole assolutamente mollare la Rete, in linea con il pensiero di Caio e Sarmi, mentre Pileri era entrato in contrasto con Bernabè proprio perché era stato uno dei primi teorizzatori dello scorporo. Vito Gamberale sarebbe incompatibile per gli stessi motivi).
Non si può nemmeno escludere che Alierta tenti di fare la corte a Gabriele Galateri di Genola, attuale presidente di Generali e grande amico e sponsor dell’operazione Telefonica, per la poltrona di presidente. Galateri però è stato riconfermato a Trieste da pochi mesi.
Di certo il post-Bernabè è già sulla scrivania di Alierta. Ma per ora lo conosce solo lui.
Massimo Sideri
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