Il gigante iberico è carico di debiti
Ecco perché c’é chi scommette che non verranno fatti investimenti adeguati nello sviluppo della rete italiana delle telecomunicazioni ricavandone una conseguenza: lo scorporo della rete da Telecom è un passaggio decisivo per il Paese ed è un errore grave che l’attenzione sia catalizzata esclusivamente dalle dispute sul controllo della società e sui rapporti di forza tra i principali azionisti (Telefonica, Generali, Intesa Sanpaolo, Mediobanca).
Non tutti però hanno la stessa convinzione. In alcuni casi, come conferma l’audizione in Parlamento dell’amministratore delegato di F2i, Vito Gamberale, tenuta nei giorni scorsi, la contrarietà allo scorporo viene espressa apertamente. In altri, a partire dagli spagnoli di Telefonica, l’opposizione non è manifestata in pubblico ma l’operazione viene giudicata in contrasto con gli interessi aziendali. Oppure, come per l’amministratore delegato di Telecom, Franco Bernabè, il sospetto è che abbia dato via libera alle procedure per lo scorporo della rete ma senza troppa convinzione e senza fretta, forse con tattica dilatoria o magari in funzione di alleanze internazionali impossibili per una Telecom con la struttura attuale.
Il partito che punta con determinazione sulla separazione della rete parte da una priorità: gli investimenti nella banda larga. L’Italia, a parte alcune realtà particolari come Milano grazie a Metroweb, certamente non brilla. E prospettive di svolta non se ne vedono. Anzi.
L’indebitamento di Telecom e Telefonica rende poco credibile la prospettiva d’investimenti elevati, che sono indispensabili. In piu’ i margini di profittabilità per gli operatori europei risultano ormai da anni in significativa riduzione. La conseguenza e’ che nelle telecomunicazioni gli investimenti pro-capite in ricerca e sviluppo sono inferiori di oltre il 30% a quelli americani. Difficile pensare che, almeno in tempi brevi, la situazione possa sbloccarsi.
Al contrario lo sviluppo sul territorio della banda larga potrebbe dare al Paese una spinta importante. Ma attualmente, e per molto tempo, tale capacità d’investimento manca sia a Telecom sia a Telefonica. Non solo. La scelta strategica, su cui ha molto insistito l’ex ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera, è avere le grandi reti infrastrutturali divise dalla fornitura dei servizi. Questo vale nell’energia come nel gas, nelle ferrovie come nelle telecomunicazioni. Il modello è quello di Terna (energia) e corrisponde a una logica di fondo: le reti vanno gestite con programmi di lungo periodo e con investimenti a cui non corrispondono necessariamente redditività adeguate di breve periodo. Tanto più che negli ultimi anni i margini garantiti dagli investimenti sulla rete sono in forte calo, diminuendo la propensione ad impegnare capitale. Ovviamente le società quotate devono fare i conti con necessità a breve essendo sottoposte al giudizio del mercato e degli analisti. Anche per questo è molto meglio tenere separate le reti infrastrutturali dalla fornitura dei servizi e affidarle a società pubbliche che hanno come missione il contributo allo sviluppo del Paese. Proprio l’offerta di banda larga produce domanda aggiuntiva generando nuove iniziative nei settori piu’ diversi: dal turismo al commercio elettronico, fino a nuove forme di tv e alle start up.
Chi è contrario allo scorporo della rete sottolinea come si tratta di una scelta che a livello internazionale, almeno nei paesi sviluppati, è avvenuta soltanto in Australia e Nuova Zelanda, per favorire investimenti in fibra ottica di nuova generazione. Anche nel Regno Unito la rete, separata diversi anni fa, è saldamente controllata dalla compagnia telefonica. Resta il fatto che il commissario dell’Agcom, Antonio Preto, ha sottolineato che, «se Telecom non lo propone come iniziativa volontaria, forse dovremmo avviare i dovuti approfondimenti per accertare la sussistenza delle condizioni per imporlo come rimedio a garanzia della parità di accesso». Insomma, via libera allo scorporo, con le buone oppure con le cattive. Secca la risposta di Bernabè: «Per procedere allo scorporo non volontario della rete, cosa che non è prevista da nessuna norma europea, credo che servano motivi di una gravità eccezionale che non sussitono assolutamente».
Fabio Tamburini
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