by Sergio Segio | 23 Settembre 2013 6:20
CAGLIARI — Gli occhi indagatori di Jorge Mario Bergoglio scrutano, con l’attenzione che solo lui sa riservare alle persone, la folla di operai e contadini che gli sta davanti. «Lavoro, lavoro», chiedono alcuni a gran voce. Sembra quasi una contestazione. Francesco prende allora una decisione. Lascia da parte i fogli del discorso preparato a Roma, e si mette a parlare a braccio. «La vostra è una preghiera», dice colpendo tutti. Si fa silenzio. Ed è in quel momento che le lacrime solcano il volto di molti dei disoccupati, uomini e donne che, nella piazza davanti al porto di Cagliari, aspettano il Pontefice in piedi dalle 4 del mattino.
«Desidero esprimervi la mia vicinanza — risponde Bergoglio alle tre persone che lo hanno preceduto negli interventi, un operaio, un’imprenditrice e un pastore — alle situazioni di sofferenza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cassa integrazione o precarie, agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti. È una realtà che conosco bene. Mio papà giovane è andato in Argentina pieno di illusioni a farsi l’America, e ha sofferto la terribile crisi del Trenta. Hanno perso tutto. Devo dirvi coraggio. Ma sono cosciente che devo fare il mio perché questa parola coraggio non sia una bella parola di passaggio. Non sia solo il sorriso di un impiegato della Chiesa che viene e vi dice coraggio. Questo non lo voglio. Ma come pastore e fratello, per darvi questo coraggio ».
Francesco sa toccare le corde giuste. E lo ha fatto anche ieri a Cagliari che, per un giorno, sembra una piccola Rio de Janeiro, ricordando nell’entusiasmo con gli oltre 100 mila fedeli sparsi sulle salite del centro i 5 milioni che accompagnarono a luglio il suo viaggio brasiliano. Lavoro è la parola d’ordine della sua visita in Sardegna, sollecitato dalla situazione economica dell’isola — dove l’indice di povertà è doppio rispetto al dato nazionale. Bergoglio parla di lottare «insieme, per un sistema giusto», per «il lavoro e la dignità», contro un «sistema economico senza etica », che idolatra «il denaro», e «scarta» le persone, «i giovani e gli anziani». Nelle sue 10 intense ore di permanenza, ha stretto mani, abbracciato con grande calore e tenerezza bambini e malati che lo attendevano nelle tante soste in tutta la città. Poi è passato ai politici.
«Il nostro cuore di figli — ha ammonito nell’omelia pronunciata nel santuario della Madonna di Bonaria — sappia difendere il cuore di Maria da tanti parolai che promettono illusioni». E nell’aula magna della Facoltà teologica regionale ha continuato: «Ho trovato nei politici giovani un’altra maniera di pensare la politica, non dico migliore ma un’altra maniera. I giovani possono portare una musica loro, diversa dalla nostra. Non abbiamo paura, apriamoci alla loro visione, i giovani cercano questa chiave diversa. Ci servirà sentire la musica di questi politici giovani».
Ha poi pronunciato una preghiera in sardo. Pranzato con culurgiones (ravioloni) e porceddu, assaggiato Vermentino e Cannonau. Spronato i ragazzi invitandoli a «prendere il largo e a gettare le reti ». «Io non vengo qui a vendervi illusioni — ha chiarito — seguire Gesù è impegnativo, vuol dire non accontentarsi di piccole mete, ma puntare in alto con coraggio». E poi, riferito a sé stesso: «Non è che io mi sento Tarzan, forte. Nei momenti più bui ho sempre guardato Gesù, e mi sono fidato: non mi ha lasciato da solo».
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