Registrazioni e sondaggi Il Cavaliere già studia tutte le mosse di Renzi

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Lo osserva, lo compulsa, lo vede e lo rivede nelle sue performance in tv. E naturalmente lo testa, in modo maniacale. Forse avrà commissionato più sondaggi lui su Renzi dello stesso Renzi. E sebbene il sindaco di Firenze svetti nei report di ogni istituto di ricerca, Berlusconi è convinto che non vincerà: «L’ho studiato, è solo un battutista che alla lunga stanca».

Sarà perché l’hanno preso per matto molte volte nel suo partito prima di doversi ricredere, sarà perché alla fine il capo è sempre il capo, ma nel Pdl in molti iniziano a credere all’ultima profezia del Cavaliere, secondo cui per Renzi il destino si è ribaltato, e al contrario di un anno fa stavolta trionferà nel Pd ma perderà nel Paese.
Forse servirebbe Esopo per raccontare questa conversione di Berlusconi, che pure era rimasto colpito dal giovanotto, capace di sbaragliare nella sua città il potente apparato della «ditta» e conquistare la poltrona di palazzo Vecchio. In effetti un principio di infatuazione ci fu, lo riconosce il Cavaliere, ricostruendo la storia del famoso pranzo di Arcore con l’esponente democratico: «Lo volli incontrare perché mi aveva incuriosito, e pensavo potesse essere una persona su cui investire. Scoprii invece che era solo un ambizioso». O forse l’uva era posta troppo in alto, se è vero che — subito dopo la vittoria di Bersani alle primarie del Pd — il leader del centrodestra disse che «la porta per Matteo è sempre aperta».
Di certo la versione dell’appuntamento offerta da Berlusconi è diversa da quella che a suo tempo fornì Renzi, crocifisso per anni dai suoi stessi compagni di partito per il rendez vous riservato con «il nemico», che pure a maggio gli sbarrò la strada per palazzo Chigi, preferendogli Enrico Letta per le larghe intese. E ora che il governo inizia a vacillare, e tutti si tengono pronti in vista eventualmente delle urne, l’ex premier è tornato ad applicarsi sul rottamatore che promette di asfaltare il centrodestra e intanto cerca di asfaltare i suoi rivali nel Pd.
Renzi è più di una minaccia, è un pericolo, il timore nelle file dei berlusconiani è che davvero riesca a sfondare nel loro territorio. E chissà se Berlusconi dissimuli per nascondere la sua preoccupazione, visto che persino Signorini — potente direttore del mondadoriano Chi — si è invaghito del sindaco di Firenze. In pubblico, cioè nelle riunioni riservate, il Cavaliere invita però alla calma, perché — a suo dire — «per ogni voto che Renzi cercherà di prendere al centrodestra ne perderà due a sinistra». La sua tesi sarà il frutto dei sondaggi, magari confortati da una chiacchierata con D’Alema, comunque il capo del Pdl ritiene di essere nel giusto.
La sua analisi si fonda sul fiuto ma anche — così dice — sui numeri, parte dal presupposto che il potenziale candidato premier sia vissuto nella pubblica opinione come una personalità divisiva, «anche nel suo stesso campo», e che la campagna elettorale — quando sarà — lo costringerà a muoversi nel recinto retorico della sinistra, vincolato dalla base e dalle strutture che sono la cinghia di trasmissione del consenso democratico. A quel punto — secondo Berlusconi — Renzi dovrà scegliere se indossare il giubbotto di Fonzie o la tuta di Cipputi. La cosa curiosa è che ne parla e si comporta come dovesse essere ancora lui a sfidare l’avversario, un dettaglio che non è sfuggito ad alcuni dirigenti del Pdl, preoccupati che i falchi si trasformino in sirene e lo convincano di potersi ancora presentare all’appuntamento delle urne.
Non è dato sapere se davvero il Cavaliere coltivi questa idea, sicuramente non sottovaluta il competitore, tanto da avere portato avanti un piano in gran segreto, per porre un argine al tentativo di invasione del suo campo. Così, oltre alle centinaia di pagine che fotografano Renzi e il suo rapporto con gli italiani, Berlusconi sta facendo testare una serie di personalità esterne alla politica, da lanciare quando verrà il momento delle urne, così da dimostrare che il centrodestra non è solo composto dall’apparato di partito, ed è capace di attrarre i famosi «uomini del fare».
Nel frattempo tiene Renzi nel mirino, e ripete che «è solo un battutista». Chissà se in cuor suo teme di dover assaggiare l’uva e di scoprirne il sapore aspro della sconfitta. Per ora osserva le mosse del Pd, il modo scomposto con cui si approssima al congresso, e che — secondo i suoi amatissimi sondaggi — sta dando agli elettori l’impressione di un partito dove si litiga per spartirsi un bottino che si ritiene già dato per scontato, come se stessero già apparecchiando il pranzo per palazzo Chigi. Dimentica le risse nel suo partito Berlusconi, che è stato costretto a parlare (anche) per non far sentire i piatti che si rompono nel retrobottega del Pdl.
Francesco Verderami


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