Obama dà credito all’Iran Verso l’incontro con Rouhani

by Sergio Segio | 20 Settembre 2013 8:16

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NEW YORK — «Dobbiamo mostrare un’eroica flessibilità in diplomazia» è la frase pronunciata dalla leadership di Teheran più attentamente studiata in questi giorni al dipartimento di Stato e al Consiglio per la Sicurezza Nazionale, l’occhio internazionale della Casa Bianca, dove si stanno soppesando le mosse da mettere in campo col regime di Teheran quando, la prossima settimana, Barack Obama e il presidente Hasan Rouhani si incroceranno all’Onu. Incontri ufficiali non ne sono ancora previsti, ma, mentre fino a ieri a Washington una circostanza simile era pressoché esclusa, adesso il portavoce di Obama, Jay Carney, dice che un incontro è possibile, se Rouhani dimostra di essere serio nelle sue intenzioni di dialogo. Sarebbe un evento storico, visto che di incontri ufficiali Usa-Iran ad alto livello non ce ne sono stati da quando gli Ayatollah sono al potere.
Rouhani manda in continuazione segnali di apertura e non fa mistero di voler usare l’assemblea dell’Onu per spezzare l’isolamento nel quale l’Iran si è confinato da anni, sfidando la comunità internazionale col suo programma nucleare. Gli Usa diffidano, temono che Teheran metta in campo vaghe promesse all’unico fine di allentare l’embargo internazionale che opprime la sua economia. Ma Obama ha percepito che con Rouhani al posto di Ahmadinejad il clima a Teheran è cambiato ed è disposto a correre qualche rischio per verificare se stavolta si può aprire davvero un spazio per la diplomazia nel muro contro muro tra Washington e il regime sciita.
I tentativi falliti del passato giustificano lo scetticismo che viene soprattutto dalla destra Usa, con la «National Review» che avverte il presidente: «Attento, stai candendo un’altra volta in una trappola: se allenti la morsa ne approfitteranno e non ti concederanno nulla». Per questo, al di là delle sorprendenti aperture a raffica di Rouhani, alla Casa Bianca si cerca di capire se a Teheran si sta muovendo davvero qualcosa in profondità.
Certo a seguire le mosse quotidiane (molte lanciate addirittura via Twitter) del presidente e del suo ministro degli Esteri, Mohammad Javed Zarif, si direbbe che a Teheran si è davvero aperta una stagione nuova: gli auguri agli ebrei per le loro festività religiose, la promessa che Teheran non militarizzerà mai il suo nucleare civile, segnali di una presa di distanze dal siriano Assad che rimane un alleato ma del quale si depreca l’uso di armi chimiche, assicurazione che il regime iraniano non intende mettere in discussione l’Olocausto. E poi, due giorni fa, la liberazione di alcuni attivisti che erano stati imprigionati per reati politici e ieri addirittura la notizia che il presidente Rouhani sarà accompagnato alle Nazioni Unite dall’unico parlamentare ebreo eletto nel parlamento iraniano. Per qualche ora ci si era perfino illusi che il regime degli ayatollah avesse deciso di togliere i lucchetti ai siti di Facebook e Twitter, ma poi si è capito che una momentanea apertura era dipesa solo da un guasto tecnico.
Consapevoli che in passato chi aveva tentato aperture a Teheran non aveva l’appoggio delle autorità religiose, alla Casa Bianca cercano ora di capire se Rouhani sia davvero in una situazione diversa rispetto ai suoi predecessori. E la frase di Ali Khamenei, pronunciata davanti a un’assemblea di «pasdaran», sembra andare in questa direzione. Il neopresidente di certo accredita questa lettura affermando, anche nell’intervista concessa alla rete televisiva Usa Nbc di avere un mandato pieno a trattare. La sua settimana a New York promette di essere molto spettacolare: a parte il discorso all’Onu e i contatti diplomatici e politici — tra cui quello con il presidente francese François Hollande —, Rouhani avrà incontri pubblici e concederà diverse interviste a giornali e tv Usa. Il suo ministro degli Esteri è già a New York per organizzare questa «offensiva della simpatia».
Quanto a Obama, non fa mistero — anche nell’intervista concessa ieri a Telemundo — della sua volontà di verificare se, con Rouhani è possibile aprire quel confronto che Ahmadinejad rifiutò con disprezzo: «Può aprirsi uno spazio per la diplomazia, ma Teheran deve dimostrare coi fatti che rinuncia a militarizzare i suoi programmi nucleari».
Massimo Gaggi

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