Omofobia, primo sì della Camera Scontro (e baci) in Aula

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ROMA — Alle otto di sera nell’aula di Montecitorio i deputati del Movimento 5 Stelle si baciano: maschi con maschi, femmine con femmine. È l’ultimo atto di protesta di una giornata parlamentare interamente dedicata all’omofobia: la legge ieri è passata alla Camera, alla fine. E dice che adesso anche l’omofobia sarà punita dalla legge Mancino come già succede per il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo. Ci sono voluti vent’anni per arrivare a questo primo «sì» di un ramo del Parlamento. Ma la maggioranza ieri si è spaccata. E le polemiche non sono certo mancate.
Tutto questo in una giornata a Montecitorio in cui la presidente della Camera Laura Boldrini è tornata nuovamente nel mirino del M5S e questa volta per voce del capo. È andato giù pesante Beppe Grillo sul suo blog: «La Boldrini è un oggetto di arredamento del potere, non è stata eletta ma nominata da Vendola». E la presidente, anche questa volta come mercoledì scorso dopo l’attacco di un deputato del M5S, si è limitata a rispondere pacatamente, scrivendo. Questa volta su Twitter: «Grazie alle parlamentari di diversi partiti per la solidarietà contro un’offesa a tutte le donne».
Alle otto di sera la Camera ha detto sì ad una legge che il Pd Ivan Scalfarotto ha portato avanti contro tutte le difficoltà: 228 voti a favore, 57 contrari, 108 astenuti. Il voto finale, come tutti gli altri della giornata, è stato a scrutinio segreto. Ma i conti sono stati facili: i voti a favore alla fine sono stati soltanto quelli del Pd e di Scelta civica, mentre il Pdl, la Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro e Sel e M5S si sono astenuti, con grandi polemiche.
Tutto per via di quel sub emendamento presentato dal deputato di Scelta civica Gitti (e frutto di una faticosissima mediazione). È un emendamento che esenta dall’azione antidiscriminatoria della legge Mancino le organizzazioni politiche, sindacali, culturali, sanitarie, di istruzione e religiose, rischiando di creare zone franche nel contrasto alle discriminazioni, a questo punto di tutte le categorie protette dalla legge Mancino.
Un emendamento che ha provocato non poche reazioni all’interno del mondo omosessuale, fra queste quella di Aurelio Mancuso presidente di Equality Italia: «Con questo emendamento la legge Mancino è distrutta e consentirà alle organizzazione razziste, xenofobe, antisemite, omofobe piena immunità di incitare e difendere le proprie idee di violenza e odio. È evidente che si evincono profili di anticostituzionalità».
In aula alla Camera ieri pomeriggio anche il deputato di Sel (dichiaratamente omosessuale) Alessandro Zan ha criticato la scelta del relatore Scalfarotto (anche lui ieri ha dichiarato in Aula la sua omosessualità già nota) di condividere quell’emendamento di Scelta civica. Ha detto Zan: «Possiamo solo sperare che quell’emendamento venga modificato al Senato», mentre lo stesso Scalfarotto ha voluto difendere quella scelta, unica a suo dire, per poter portare a casa un risultato storico.
Spiega il deputato Scalfarotto: «È la prima volta che in Italia viene riconosciuto nell’ordinamento legislativo un gruppo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) che merita di essere tutelato. E questo è un risultato impensabile fino ad ora nel nostro Paese. Dobbiamo tenerlo presente. Ci stiamo perdendo dietro ad un dettaglio guardando l’albero e perdiamo di vista la foresta».
Secondo Ivan Scalfarotto l’emendamento contestato «serve soltanto a tutelare chi la pensa diversamente, come ad esempio chi è contrario ai matrimoni gay. Dobbiamo capire che questo tipo di tutela è già prevista da una legge, dall’articolo 4 della legge 108 del 1990. E che questa va ad agire soltanto sulla legge Mancino, altre leggi dove si tratta la discriminazione non vengono minimamente toccate».
Alessandra Arachi


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