Deficit, l’Europa terrà conto della crisi

by Sergio Segio | 20 Settembre 2013 7:36

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ROMA — Conferma del 3% nel rapporto deficit/prodotto interno lordo e calo del Pil più forte, a -1,7% contro la precedente stima di -1,3%, nel 2013. Crescita nel 2014 modesta, all’1%, mentre si sposta dal 2013 al 2014 il pareggio strutturale di bilancio. Sono questi i tre punti più importanti che oggi il consiglio dei ministri dovrebbe approvare nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def). Al di là delle indiscrezioni, l’assetto finale con cui verrà confezionata la nota è molto atteso: i tecnici di via XX Settembre hanno ricalcolato il totale delle entrate e delle uscite di questi ultimi 8 mesi e le cifre finali saranno l’architrave contabile sulla quale si costruirà la legge di Stabilità che dovrà essere pronta entro il 15 di ottobre. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha confermato che oggi ci sarà l’approvazione della nota mentre ha escluso che ieri Palazzo Chigi abbia affrontato il problema dell’Iva.
Il lavoro del governo viene seguito da vicino da Bruxelles. Dopo la visita a Roma del commissario agli Affari economici Olli Rhen ieri fonti della commissione hanno fatto un pò pedissequamente filtrare una nota per confermare che «l’Italia si è impegnata a prendere misure ad hoc se il deficit supererà il 3%». Uno scenario tutt’altro che impossibile dopo la revisione al ribasso delle stime sul Pil a -1,7% che porterebbe automaticamente il nostro deficit a quota 3,1%. Al ministero si ostenta sicurezza precisando che basteranno interventi di «manutenzione del bilancio» escludendo nuove manovre.
Tutto è comunque suscettibile di nuovi aggiustamenti a seconda di come andranno le elezioni in Germania. Non a caso il Wall Street Journal , citando indiscrezioni vicine alla Commissione, ha sostenuto che ci sarebbero ipotesi di allentamento del vincolo del 3% per dare più ossigeno alla ripresa. Per il capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta «se fosse vero ne vedremo delle belle, sarebbe la fine dei cultori del rigore».
Intanto, nelle retrovie del ministero dell’Economia ferve il lavoro per cercare di disinnescare il nuovo caso di tensione dentro la maggioranza: il probabile aumento dell’Iva. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha confermato che tutti sono d’accordo nel cercare di fermare l’incremento dal 21 al 22% che «avrebbe un effetto recessivo». E che si sta «cercando una soluzione per trovare le coperture con il ministro Saccomanni». Il punto di caduta è comunque difficile. I margini per trovare risorse sono molto esigui con tutte le altre poste da soddisfare come il taglio al cuneo fiscale, le missioni all’estero, la seconda rata Imu e la cassa integrazione in deroga.
Sull’Iva la discussione è stata vivace anche ieri dopo il cartellino giallo consegnato a tutti i Paesi europei dalla Commissione che ha scoperto una evasione complessiva di quasi 200 miliardi di euro con l’Italia in testa (36 miliardi) seguita dalla Francia (32) e la Germania (26). Mentre il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato ha precisato che l’aumento Iva «scatterà in automatico», per il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta «abbiamo il 50% di possibilità che il rincaro ci sia davvero».
Sui danni collaterali da eventuale aumento Iva l’Alleanza delle cooperative ha fatto due conti e denunciato che se davvero dal primo gennaio si passerà dal 4 al 10% per le coop di servizi sociali «verrebbero a mancare prestazioni per 500 mila cittadini e 42mila operatori perderebbero il lavoro». Una buona notizia arriva dal responsabile del Tesoro per la gestione del debito Maria Cannata secondo la quale «nei primi 8 mesi dell’anno il costo medio delle emissioni dei Titoli di stato italiani è stato pari al 2,08%». Un dato molto buono. E anche per questo gli «investitori sono tornati a comprare».
Roberto Bagnoli

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