Nel video attacco ai giudici «Leader anche senza seggio»

by Sergio Segio | 19 Settembre 2013 5:47

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ROMA — Un attacco durissimo ai magistrati, e al Pd dei quali sono «il braccio giudiziario» usato per eliminarlo. L’assicurazione che resterà in campo anche se gli voteranno la decadenza perché «non è il seggio che fa un leader», e assieme la chiamata alle armi (politiche) rivolta al suo popolo, perché si «ribelli», scenda «in campo» e aderisca alla nuova Forza Italia che rappresenta «l’ultima chiamata prima della catastrofe». C’è tutto questo, con toni accorati e di sfida, nell’attesissimo videomessaggio di Silvio Berlusconi, diffuso ieri alle 18 dopo le ultime modifiche che non ne hanno modificato sostanzialmente il messaggio. Ma non c’è quello che i più falchi avrebbero voluto, e che le colombe temevano: lo sfratto, o comunque l’avviso di sfratto, al governo.
Non stacca la spina il Cavaliere, non lega le sorti dell’esecutivo alle sue personali vicende giudiziarie. La decisione, maturata negli ultimi giorni, non è stata messa in discussione neanche nelle ultime ore drammatiche della condanna al risarcimento di quasi 500 milioni alla Cir, che per la seconda volta in due giorni ha fatto infuriare la figlia Marina («Si getta fango su Berlusconi imprenditore per gettare fango su Berlusconi politico») con una sentenza che secondo i suoi avvocati è «azzoppata come la Concordia». Non cadrà ora il governo, comunque non per sua mano. Berlusconi cerca — e i suoi pensano che abbia trovato — la terza via: rimanere al centro della scena, con in mano l’arma pronta della nuova Forza Italia tutta d’attacco e dai toni guerreggianti, e continuerà a cannoneggiare gli avversari sventolando le sue bandiere per mettere all’angolo un Pd che, se vuole fare il governo, è costretto a stargli accanto e anche ad accettare le «proposte dei nostri ministri per il rilancio economico e per fermare il bombardamento fiscale».
È infatti questo l’unico passaggio dei 16 minuti di discorso che il Cavaliere dedica all’esecutivo. Certo, non c’è dubbio che — pur alzando i toni e rilanciando la Forza Italia delle origini — la sua è pur sempre una presa d’atto di una sconfitta, la condanna con relativa decadenza e uscita dal Parlamento. E viste le minacce che erano arrivate dal Pdl di sfracelli in caso di voto contro di lui, non è un passo indietro da poco. Ma per il Cavaliere stretto nella morsa delle colombe, della famiglia, delle imprese, è un passo quasi obbligato. Che comunque costringe il leader del Pd Guglielmo Epifani a una reazione molto dura nella forma ma senza risultati immediati nella sostanza: «Un messaggio sconcertante, usa toni da guerra, si assume la responsabilità del futuro del governo e aggrava i problemi di Letta». Sprezzante è anche la reazione di Magistratura democratica: «Non ribattiamo alle affermazioni di un condannato». E indignato il commento dell’Anm: «Così si delegittima la magistratura».
D’altra parte, le accuse di Berlusconi sono state pesantissime. Dopo essersi dichiarato «assolutamente innocente» per tutte le accuse che gli sono state mosse, perseguitato, alla mercé di una magistratura che ha reso la nostra una «democrazia dimezzata» e pronto a fare appello in tutte le sedi («Non si illudano, la mia condanna non è definitiva»), l’ex premier passa infatti alla chiamata ai suoi a «scendere in campo, tutti, in prima persona, con Forza Italia» per salvare «la nostra democrazia in pericolo» e per «combattere questa sinistra e questa magistratura». Questo è «il momento di svegliarci, di preoccuparci, di indignarci, di reagire, di farsi sentire», trasformandosi in «missionari della libertà», contro una politica che «non va lasciata a chi la sporca, o si sporcherà sempre più», contro chi «non riuscendo a eliminarmi con gli strumenti della democrazia» ha usato appunto l’azione «scientifica, pianificata, violenta del loro braccio giudiziario».
Parole durissime che con ogni probabilità caratterizzeranno, assieme alla pretesa di politiche «liberali e antistataliste», la nuova Forza Italia la cui sede sarà inaugurata oggi dallo stesso Berlusconi in un clima che resta tesissimo, fuori e dentro il partito. Perché se il passaggio della decadenza può essere considerato, per ora, superato, non è ancora chiara la linea che il partito imboccherà nelle prossime settimane, chi lo guiderà e per andare dove e con quali parole d’ordine.
Certo, Berlusconi ne resta oggi saldamente al comando: «Si può far politica anche senza essere in Parlamento. Non è il seggio che fa un leader ma il consenso, il vostro consenso. Io sarò sempre al vostro fianco, decaduto o no». Ma è chiaro che, accanto a lui, la lotta per la guida del partito è ancora viva, e si intreccia parecchio con l’atteggiamento che verrà tenuto rispetto al governo e anche con quello del Pd, quasi provocato da Barbara Berlusconi: «Se mio padre è un delinquente, perché hanno fatto con lui gli ultimi due governi?».
Tema che difficilmente sarà spazzato via dalla scena politica, anche se ora il terreno del confronto si sposterà sul terreno economico, su una Finanziaria delicatissima che vede già fronteggiarsi Pd e Pdl. Forse se ne parlerà già oggi, se i ministri — come Alfano aveva annunciato — si riuniranno con lui per decidere il da farsi. E se sono da escludere colpi di scena, sarebbe ingenuo pensare — comunque — che la storia si chiuda qui.
Paola Di Caro

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