«Via le armi chimiche entro la metà del 2014»

by Sergio Segio | 15 Settembre 2013 7:08

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NEW YORK – Niente male per quella che era stata giudicata una trattativa impossibile: sono bastati meno di tre giorni di negoziati tra Stati Uniti e Russia a Ginevra per definire l’accordo di massima sul disarmo chimico della Siria. Le prime ispezioni inizieranno a novembre. Poi gli arsenali di armi che contengono gas verranno trasferiti in luoghi sicuri e distrutti entro la metà del prossimo anno. Gli impegni politici alla base dell’accordo verranno immediatamente tradotti in una risoluzione che Washington e Mosca si impegnano a proporre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: un organismo fin qui paralizzato proprio dai veti russi sulla Siria. Secondo gli americani la risoluzione avrà come «cappello» il capitolo 7 della Carta dell’Onu che autorizza, in caso di violazione degli accordi, tanto l’uso della forza quanto misure non militari (come un embargo).
I russi, però, hanno chiesto agli Stati Uniti di rinunciare a citare esplicitamente la minaccia di un attacco militare da lanciare qualora Assad non dovesse rispettare i patti. E il segretario di Stato, John Kerry, ha accettato, pur chiarendo che l’opzione militare resta comunque sul tavolo.
L’accordo, anche se ancora tutto da verificare nella sua parte attuativa, è stato salutato con sollievo nelle capitali di tutto il mondo, compresa Roma dove il premier Enrico Letta, tirato per la giacca pochi giorni fa, al G20 di San Pietroburgo, sia da Putin che da Obama, allora in aperto conflitto, ora rivendica che «l’Italia ha giocato un ruolo nel dire con chiarezza che senza Onu non c’è intervento, mantenendo al tempo stesso un filo con gli Usa». Soddisfatta anche la ministra degli Esteri, Emma Bonino: «Un accordo che va nella direzione giusta: ora vanno coinvolti tutti gli attori principali dell’area per arrivare a un cessate il fuoco».
Adesso, mentre Kerry va a Gerusalemme per riprendere i fili del faticoso negoziato tra Israele e palestinesi, l’attenzione si sposta parzialmente su un’altra partita delicatissima: quella del nucleare iraniano. Putin, che ha preso il centro della scena, va a Teheran invitato da Rouhani. Il neopresidente avrebbe chiesto il suo aiuto per provare a sbloccare la situazione già tra dieci giorni, quando il «numero uno» di Teheran farà il suo esordio sul palcoscenico internazionale all’Assemblea generale Onu.

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