by Sergio Segio | 13 Settembre 2013 6:35
Ma alla fine si è imposta di fronte a partiti spaccati al proprio interno. L’impressione è che lo scontro fra Pdl e Pd sia destinato a prolungarsi e perfino a incattivirsi: i malumori continuano a covare e a emergere a intermittenza. Eppure, appare sempre meno probabile una crisi del governo di Enrico Letta, sebbene le vicende di queste settimane lo abbiano logorato e indebolito anche sul fronte internazionale.
Si va verso «una condivisione di tempi e regole per portare avanti quello che è nelle cose», annuncia il presidente del Senato, Pietro Grasso. Ma gli strattoni della maggioranza degli ultimi dieci giorni hanno lasciato lividi che i mercati e l’Europa hanno subito registrato e tradotto negativamente. I segnali che arrivano sono univoci. Mostrano una preoccupazione crescente per i «rischi di instabilità politica in alcuni Paesi». Benché l’Italia non sia nominata, tutti sanno che è la prima osservata speciale della Commissione Ue. E non solo per le tensioni provocate dalla prospettiva scontata, anche se non ancora sancita, dell’uscita di Berlusconi dal Parlamento.
Olli Rehn, il commissario per gli affari economici, teme «la possibilità di passi indietro su alcune riforme»: un allarme che va letto insieme col bollettino mensile della Banca centrale europea secondo il quale il nostro Paese rischia sui conti pubblici. Il dito è puntato sull’abolizione della prima rata dell’Imu, fortemente voluta da Berlusconi ma accettata subito anche dal Pd; e sul rinvio dell’aumento di un punto di Iva. Il timore della Bce è che senza una copertura di queste entrate mancate, lieviti il rapporto fra deficit e Pil.
L’ulteriore elemento di preoccupazione deriva dal fatto che l’Italia rimane in bilico mentre il resto dell’Europa sta accennando a riprendersi. Non sembra, tuttavia, che nelle forze politiche tutti si rendano conto del divario fra la rissosità quotidiana e l’esigenza di dare segnali di coesione. Nel Pdl anche ieri sono arrivare minacce di crisi se la giunta delle elezioni del Senato voterà la decadenza di Berlusconi dopo la conferma della condanna in Corte di Cassazione. Eppure, l’epilogo sarà quello, prima o poi. E nel Pd il segretario, Guglielmo Epifani, dopo un lungo colloquio con Matteo Renzi ha dovuto garantire che il sindaco di Firenze «non creerà problemi a Letta».
Le sue frasi grossolane su un premier «preoccupato della seggiola» e intenzionato solo a durare avevano infatti suscitato malumori sia a palazzo Chigi che nel Pd. Ma rimane da capire quanto le rassicurazioni di Epifani rispondano al vero. Si indovina una sorta di scambio fra regole del congresso e docilità di Renzi: uno schema che lascerebbe capire la tendenza a scaricare sul governo i problemi interni dei partiti; e che l’altra sera, dopo le critiche ruvide del sindaco, ha irritato non poco Enrico Letta. Ieri, da Venezia, il presidente del Consiglio ha fatto sapere che «va tutto benissimo» e che alla fine «prevarrà il buonsenso». Ma forse era più convinto quando ha spiegato che il suo compito è quello di impedire che «il Paese si faccia del male». Non è escluso che, di rinvio in rinvio, almeno si riducano i danni.
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