Apple delude i cinesi: «è cara» Azioni a picco
La presentazione a Pechino dei due nuovi telefoni – l’iPhone5S e 5C – si è ridotta a una mera proiezione in differita dell’evento tenuto a Cupertino. Nessun nuovo annuncio. Tantomeno l’accordo raggiunto con China Mobile, il più importante operatore del globo con 740 milioni di clienti. Finora infatti Apple funziona solo con aziende minori come China Unicom. Secondo diversi analisti, l’accordo con China Mobile dovrebbe consentire ad Apple di vendere circa 32 milioni di smartphone in più all’anno in Cina.
Un mercato gigantesco, nel quale l’azienda di Cupertino hanno meno del 5%. La concorrenza è agguerrita: Samsung, ZTE, Huawei, Lenovo e Xiaomi, la sorpresa di questi ultimi due anni, vendono di più. Smartphone sempre connessi, garantiti e soprattutto economici. Un Lenovo può anche costare 70 euro. E funziona.
La presentazione di ieri a Pechino ha finito per diventare un evento molto criticato dai potenziali acquirenti cinesi. Nel mirino dei commentatori di Weibo, il twitter locale, è stato il nuovo modello iPhone 5C che avrebbe dovuto essere «a buon mercato» e che invece rimane su un livello di prezzo decisamente alto. Lo smartphone nuovo di Apple costerà 4.488 RMB, ovvero 730 dollari, 200 in più che negli Usa (uno Xiaomi costa 799 RMB, poco più di 80 euro). «Mi sento preso in giro! – ha scritto un utente sul social network – La «C» starebbe per cheap (a buon mercato ndr)? Ora che hanno annunciato il prezzo, posso dire che in realtà non è conveniente per niente». Altri – come ha riportato la stampa locale – hanno ridicolizzato la custodia simil plastica del nuovo iPhone, che ricorda edizioni precedenti dei cellulari «designed in California».
Apple in Cina ha scelto un posizionamento sul mercato medio-alto, sperando che la cosiddetta classe media cinese possa infine esplodere e concretizzarsi in un mercato interno attivo, ma ora come ora, come confermano gli analisti del settore, la crescita del mercato smartphone cinese vede in prima linea una fascia sociale che preferisce prezzi più economici. L’esempio di Xiaomi, di cui abbiamo già scritto nel manifesto, lo conferma. Inoltre Apple paga il ritardo dell’accordo con China Mobile, anche se proprio ieri il Wall Street Journal scriveva di un via libera di Pechino per l’utilizzo della tecnologia necessaria a Cupertino. A Wall Street le azioni sono crollate del 6%.
Il caso Apple – che in Cina ha avuto vita difficile anche a causa degli scandali scoppiati nelle fabbriche delle aziende fornitrici molto noti ormai nelle cronache internazionali – dimostra come il mercato cinese sia ostico, difficile, nel quale i brand nazionali sfruttano la conoscenza dei propri concittadini. Se la Cina da fabbrica del mondo è divenuta, in teoria, il mercato più grande al mondo, i cinesi non sembrano disposti a diventare terra di razzie di prodotti stranieri. C’è grande attenzione nei confronti dei brand internazionali ma allo stesso tempo un nazionalismo orgoglioso, spinto dalla grancassa mediatica del Partito, produce non pochi ostacoli per i marchi stranieri. Il caso di Xiaomi dimostra l’importanza che ormai i cinesi danno alla partecipazione nella vita del brand, a considerarla anche propria e non più una moda che arriva dall’altra parte del mondo. Del resto sono gli americani che hanno insegnato ai cinesi cosa significhi la brand experience.
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