E il “soldato Hollande” restò sempre più solo

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PARIGI — La crisi siriana non porta fortuna a François Hollande, che da due settimane sembra muoversi in contro tempo. Ispirato dal suo ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha vestito i panni del guerriero, ritrovandosi costantemente spiazzato, e oggi c’è chi si chiede come salvare il soldato Hollande, nuovamente in calo nei sondaggi, dalle contraddizioni in cui si dibatte. Ufficialmente, tra l’Eliseo e la Casa Bianca la sintonia è perfetta. I toni, tuttavia, non sono gli stessi e il presidente francese non riesce a liberarsi dagli accenti marziali («la Francia resterà mobilitata per punire l’uso di armi chimiche») proprio nel momento in cui la diplomazia sembra aver preso il sopravvento. E le autofelicitazioni parigine sul ruolo svolto dalla fermezza francese sembrano un tantino eccessive: oggi a Ginevra ci saranno solo i capi delle diplomazie americana e russa.
Per tre volte, Hollande è stato preso in contropiede: quando il parlamento britannico ha rifiutato un intervento militare, lasciando la Francia isolata sullo scacchiere europeo; quando Obama ha chiesto un voto del Congresso proprio mentre Parigi era convinta che l’azione militare fosse imminente; infine, quando Mosca ha lanciato la sua offensiva diplomatica, frutto probabile di contatti russo-americani in corso da tempo.
Il presidente francese si ritrova insomma in una posizione scomoda e a poco servono le frecciatine contro Cameron («Ha commesso un errore da dilettante», avrebbe detto Hollande ai suoi). Forte del successo in Mali, il capo dello Stato ha cercato di ripetere l’exploit, ma è finito impigliato nella ragnatela diplomatica russo-americana, non ha scalfito la contrarietà degli europei a un intervento armato e sul fronte interno ha visto svanire l’unità nazionale che tradizionalmente accompagna un possibile impegno militare all’estero. Quanto basta per appannare ancora un po’ l’immagine di un presidente in cerca di un antidoto alla sua impopolarità.


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