Conteggi e accuse nei 5 Stelle. Crimi «indaga» La minaccia di nuove defezioni
MILANO — L’atteggiamento è quello di chi si trova davanti a una partita a scacchi complessa, con un avversario sfuggente, pronto a cambiare tattica a seconda delle convenienze. I Cinque Stelle si osservano, guardano dentro, all’interno del gruppo parlamentare al Senato, per capire cosa accadrà in caso di una eventuale crisi di governo. Si contano e provano a ipotizzare scenari. I fedelissimi cercano conferme sulle prossime mosse degli aperturisti — i senatori pronti ad appoggiare un esecutivo con il Pd — e soprattutto provano a capire quanti di loro siano realmente intenzionati a lasciare il Movimento per stringere alleanze con i democratici: una decina di defezioni (forse anche meno) sarebbero sufficienti, secondo indiscrezioni, per dar vita a un Letta bis. E qui inizia il nodo dei conti.
Il gruppo di dissidenti che hanno votato a giugno/luglio per le cariche al Senato ha fatto sempre registrare la stessa cifra: pallottoliere fermo a quota sedici. Pochi, però, credono che sia possibile un abbandono di massa. Più probabile che qualcuno preferisca rimanere in seno al Movimento, anche perché — come sostengono alcuni esponenti — «lasciare il gruppo per confluire in una maggioranza traballante, dai numeri incerti equivale a un suicidio politico». E per un altro motivo: se la legislatura dovesse concludersi anticipatamente, ci sarebbero nuove Parlamentarie e, grazie anche alla visibilità raccolta con questo primo mandato a Roma, molti sperano in una «riconferma». Certi, o quasi, dell’addio solo coloro che si sono già espressi pubblicamente — quattro, cinque senatori in tutto —, già attaccati dalla base in seguito alle loro prese di posizione. A loro potrebbero aggiungersi altri quattro, cinque pentastellati convinti dalla necessità di un cambio di strategia nel Movimento.
Ipotesi, speculazioni, che però corrono frenetiche nei corridoi. Così come le voci su possibili incarichi governativi per la pattuglia di transfughi. Fantapolitica, per ora. Anzi, tra i fedelissimi c’è anche chi cerca di serrare le fila, come Vito Crimi. «Chi se ne andrà? Nessuno — afferma l’ex capogruppo —, perché non c’è nessuno che appoggerebbe un Letta bis: un conto sono le alleanze politiche, altro è il dibattito interno sui metodi. Le discussioni». Poi plaude alle iniziative dei deputati Cinque Stelle : «Bisogna cercare di portare il dibattito fuori, cercare di accerchiare gli altri partiti dall’esterno». I fari, però, restano puntati sul Senato. La battaglia tra i pentastellati nei prossimi giorni si sposterà comunque su altri piani, a partire dalla scelta del successore di Nicola Morra: allo studio diverse opzioni, con i falchi che vagliano anche senatori «più dialoganti». C’è chi propone anche la candidatura — dopo Roberta Lombardi alla Camera — di una donna. Ma si tratta di congetture che prima devono superare lo scoglio degli eventi delle prossime due settimane. Equilibri instabili, perché, in ogni caso, le continue esternazioni hanno lasciato il segno, surriscaldato gli animi. Non solo a Palazzo Madama. Stando ai rumours, lo stesso Beppe Grillo sarebbe alquanto irritato dalle continue sparate e punzecchiature, al punto da ipotizzare un suo intervento (in realtà già ieri alcuni parlamentari si attendevano una presa di posizione sul caso Campanella). Una reazione, conoscendo lo stile del leader — nel caso opti per una pubblica strigliata, che si preannuncia forte, diretta. Un caos calmo, al momento, in attesa della prossima mossa.
Emanuele Buzzi
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