LA MANO DELL’UOMO CONTRO LE CALAMITÀ
E lo dimostrano già diversi casi, anche in Italia, dalle Marche all’Umbria: come per esempio l’ultimo evento sismico di magnitudo 5 che il 21 luglio scorso ha colpito l’Anconetano, senza provocare vittime e rovine. Dopo il precedente terremoto del 1972 — ha ricordato il geologo Enzo Boschi — fu il sindaco democristiano Trifogli a utilizzare addirittura leggi straordinarie del tempo di guerra, per mettere in sicurezza gli edifici pubblici e privati.
Sta proprio qui il problema. Si sa che la Penisola, protesa nel mar Mediterraneo come un pontile galleggiante, è sempre stata sismica e sempre lo sarà. Questa è la legge della natura o se si preferisce della geografia. La mano dell’uomo non può evidentemente modificare la situazione, ma può adottare senz’altro misure di prevenzione per ridurre o azzerare i danni. Tanto più in un Paese instabile come il nostro, e non solo politicamente, dove i terremoti — fisici o metaforici — sono all’ordine del giorno.
È dunque la messa in sicurezza degli edifici, a cominciare ovviamente da scuole e ospedali, l’antidoto più efficace contro il rischio sismico. Quanto alla pericolosità sismica, invece, quella attiene alla probabilità di registrare scosse in un tempo determinato ed è prevista da una mappa dell’intero territorio italiano. Su questa base, spetta poi ai singoli Comuni predisporre un Piano di Protezione civile secondo norme che risalgono addirittura agli anni Ottanta.
Ma, oltre a salvaguardare innanzitutto la sicurezza della popolazione, gli interventi di ristrutturazione anti-sismica e di riqualificazione energetica possono contribuire anche a rilanciare un settore portante dell’economia nazionale come quello dell’edilizia, nella prospettiva della Green Economy e dello “sviluppo sostenibile”. A maggior ragione, naturalmente, gli stessi criteri tecnologici devono valere per le nuove costruzioni.
I terremoti, insomma, non sono una maledizione biblica. Quando purtroppo si verificano, al pari delle frane o delle alluvioni, è già troppo tardi per rimediare. Ecco perché bisogna provvedere per tempo, a tutela dei cittadini, del territorio e dell’ambiente: anche qui è meglio prevenire piuttosto che curare.
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