«Era spompo». «Fa solo battute» Renzi-Bersani, battaglia nel Pd

by Sergio Segio | 4 Settembre 2013 7:12

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GENOVA — Una standing ovation per «lo spompato». Pier Luigi Bersani non ha le maniche arrotolate, non ha più giaguari da smacchiare, nemmeno una leadership da difendere o un Palazzo Chigi da sognare, ma quando si affaccia sotto il tendone della Festa democratica nazionale sul Porto antico di Genova scopre che, pur se nel ruolo di ex da tutto, ci sono ancora tanti cuori che battono per lui. La sala è piena. Tutti in piedi. Avrebbe potuto essere un pomeriggio da via crucis per l’ex segretario. Qui, domenica sera, erano in 6 mila ad osannare Matteo Renzi: Bersani ne mette insieme un migliaio, che non è la stessa cosa, ma neanche poi così male. E a peggiorare la situazione ci si è messa anche una battuta, intercettata lunedì sera alla festa pd di Bologna dal sito di Repubblica , nella quale Renzi, parlando con alcuni volontari, ha detto di Bersani: «Durante le primarie è stato perfetto, non ha sbagliato una mossa. Poi negli ultimi mesi era spompo. L’ho visto a febbraio a Palermo, era distrutto…».
Figurarsi. Neanche il tempo di uscire dall’auto, e tutti a chiedere all’ex segretario quanto si sentiva spompato. Lui, sorridente, parte lento («Io spompo? Ma se sono abbronzato! Farò flessioni»), poi dal palco, intervistato da Michele Serra, va all’attacco di Renzi: «Non vedo contenuti, sono contrario ai plebisciti, non bastano solo le battute». Approfondisce, tono pacato, critica pesante: «Non capisco la sua idea di partito. Ho l’impressione che abbia del Pd l’idea di un qualcosa che a volte gli serve e a volte è un fastidio. E anche il concetto di sinistra non mi convince: la sinistra non è un abbellimento della destra: “merito” e “opportunità” sono due termini bellissimi, ma se non vengono coniugati con il termine “uguaglianza”, diventano un imbroglio».
Sarà anche ruzzolato dalle scale del potere («C’è stato un incidente di percorso: mi sono dimesso, ma non mi sarei ricandidato»), ma Pier Luigi Bersani da Bettola (Piacenza) non ci sta a passare per un voltagabbana. Ha sconfitto Renzi alle primarie e ora, da antirenziano, si prepara a un possibile ruolo di minoranza. Non la manda a dire a chi è già pronto a salire sul carro del vincitore («Questa cosa di Franceschini non è convincente, assomiglia molto a un riposizionamento») e ce n’è pure per Beppe Fioroni («Ha fatto una simpatica curva sovietica sul candidato unico»). Più che Renzi, è la sua idea di politica che non piace all’ex segretario, spaventato di ricadere nella spirale degli ultimi 20 anni, «con partiti che diventano una sorta di protesi dei leader, anziché formazioni stabili: non abbiamo bisogno di profeti». Anche per questo, è meglio «celebrare prima i congressi provinciali e nazionali e poi pensare alle candidature nazionali, altrimenti si finisce con le tifoserie senza contenuti».
La platea apprezza. Ma al solo sentire il nome Berlusconi rumoreggia. Bersani coglie il disagio. Il Pd salverà il Cavaliere? «Me l’ha chiesto anche un volontario, mostrandomi con fare minaccioso una grande padella…» scherza. Poi, serio: «Le leggi vanno rispettate e applicate. Punto». E se il Pdl stacca la spina al governo? «In questa malaugurata ipotesi la palla passa a Napolitano e al Parlamento, che va messo alla ricerca di soluzioni che consentano di fare la legge di stabilità e la riforma elettorale». L’ultimo pensiero è per il premier Letta: «Sta facendo più del possibile in una situazione come questa. E non se l’è cercata lui…».
Francesco Alberti

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