SÌ ALLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

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CITTÀ DEL VATICANO. Il Vaticano fa pace con la teologia della liberazione. È il cuore pulsante del libro scritto a quattro mani da uno dei fondatori della stessa teologia, il sacerdote e teologo peruviano Gustavo Gutiérrez, e Gerhard Ludwig Müller, il tedesco prefetto dell’ex Sant’Uffizio, il «ministero» vaticano che fu del watchdog della fede Joseph Ratzinger. S’intitola Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa (Padova-Bologna, Edizioni Messaggero — Editrice Missionaria Italiana, 2013, pagg. 192, euro 15). Un volume che sancisce una resa storica, non a caso celebrata nell’edizione odierna, con un ampio stralcio del volume e un articolo, dell’Osservatore Romano.
Scrive sul quotidiano vaticano padre Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio, che «con un Papa latinoamericano la teologia della liberazione non poteva rimanere a lungo nel cono d’ombra nel quale è stata relegata da alcuni anni, almeno in Europa. Messa fuori gioco da un doppio pregiudizio: quello che non ha ancora metabolizzato la fase conflittuale della metà degli anni Ottanta, per altro enfatizzata dai media, e ne fa una vittima del Magistero romano; e quello ingessato nel rifiuto di una teologia ritenuta troppo di sinistra e quindi tendenziosa».
A onor del vero Karol Wojtyla non fu sempre clemente con la teologia della liberazione. Gli capitò di dire la sua contro una visione della teologia che a suo modo di vedere era troppo politicizzata perché rischiava di ridurre la Chiesa ad attività terrene. Nel 1979 in Messico egli dichiarò che la «concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa». Il prefetto Ratzinger aveva la medesima visione di Wojtyla. Ma è anche vero che, come dice Müller, i documenti usciti dalla sua penna quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio («Libertatis nuntius» del 1984 e «Libertatis coscientiae » del 1986) non contenevano solo critiche. Secondo Müller quei testi prepararono la strada a «una vera teologia della liberazione che è strettamente legata alla dottrina sociale della chiesa e che nel mondo di oggi deve levare la propria voce. Una visione che, partendo dalla fede, realizza la realtà intera, storica del’uomo, come singolo e come società, offre orientamenti comportamentali non solo a singoli cristiani, ma anche sul piano delle decisioni politiche ed economiche». Nel libro, anche una risposta indiretta di Müller a Vittorio Messori che ha sostenuto che la teologia della liberazione sia nata artificialmente nelle facoltà teologiche tedesche. Una tesi non del tutto campata per aria perché, ad esempio, uno dei mostri sacri della stessa teologia Leonardo Boff si è formato a Monaco di Baviera. Ma, dice Müller: «È evidente che la teologia della liberazione non è una costruzione teorica nata a tavolino. Le grandi conferenze dell’episcopato latino-americano di Medellìn, Puebla e Santo Domingo hanno inteso se stesse come realizzazione dello sviluppo della teologia cattolica del XX secolo, nel contesto del sub continente latino americano».


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