by Sergio Segio | 3 Settembre 2013 9:00
ROMA — Per capire lo choc in casa democratica, bisogna andare indietro di quattro anni, quando Dario Franceschini tifava per Lapo Pistelli a Palazzo Vecchio e invece il “rottamatore” Renzi – allora senza ambizioni di leader nazionale – vinse a man bassa e diventò sindaco di Firenze. E chi l’avrebbe detto che il cattolicodemocratico Franceschini avrebbe proprio lui aperto la breccia renziana alla scalata del Pd? È uno scossone, qualcuno parla di terremoto. Non solo perché scompagina le correnti del partito e rompe una maggioranza interna bersanian- franceschiniana-lettiana consolidata, ma soprattutto perché, per la prima volta, gli ex comunisti rischiano di perdere il controllo della “ditta”. Renzi, il cattolico ex Margherita, è super favorito. A contendergli la segreteria per ora sono in tre – il dalemiano Gianni Cuperlo, l’outsider Pippo Civati, Gianni Pitella – che messi insieme, dice Beppe Fioroni, non fanno il 20% di consensi.
A restarci male, anzi malissimo, è Pierluigi Bersani. Ancora davanti ai primi lanci di agenzia, il bersaniano Nico Stumpo nicchiava: «Vediamo, non dice proprio che appoggia…». Il punto è che dopo la sfida delle primarie del 2009 (in cui Bersani batté Franceschini e diventò segretario), i due, entrambi emiliani, si erano presi bene. In nome della mescolanza delle culture di provenienza – comunista l’uno, democristiano l’altro – hanno costruito un buon tratto di Pd. Insieme con Enrico Letta. Il premier è stato informato dell’endorsement che l’amico ministro stava per compiere. Pare abbia dato il placet e i lettiani, pur restando per ora alla finestra come il loro presidente del Consiglio, si adegueranno. Ovvio che poi nulla è pacifico come lo si racconta.
Basta zoomare sulla stessa corrente di Franceschini, Areadem, per trovare uno sfarinamento. Franco Marini, storico leader dei Popolari, che in Franceschini ha avuto il suo pupillo, è poco convinto. Renzi ha offeso Marini (e non l’ha votato per il Quirinale) e Marini ha picchiato duro contro Renzi. Avvisaglie di avvicinamento comunque c’erano. Antonello Giacomelli, franceschiniano, una settimana fa aveva annunciato di appoggiare il renziano Dario Parrini per la segreteria toscana del partito. Ma nel rimescolamento delle carte a perdere pezzi sono i bersaniani. Bersani ha cercato un candidato anti Renzi che raccogliesse un’ampia maggioranza interna. Non lo ha trovato e ora, se non vuole rimanere isolato, darà i suoi voti a Cuperlo. Fino a qualche settimana fa, i bersaniani avevano tentato di convincere Cuperlo a fare un passo indietro; avevano anche saggiato l’ipotesi di gettare nella corsa Stefano Fassina; avevano ipotizzato la candidatura di Letta prevedendo una fine imminente della legislatura. Una costola bersaniana, guidata dal segretario emiliano Bonaccini, è diventata renziana. Cuperlo, che ha in D’Alema e nei “giovani turchi” i suoi sponsor, corteggia da tempo Bersani. La sinistra ex Pds-Ds si ricostituirebbe in una minoranza.
Ma quanto è contento Renzi dell’abbraccio dei big? Molto poco: «Non mi imprigioneranno…», ha ripetuto. Il “rottamatore” sa che la sua forza sta nella lontananza dalla nomenklatura, e tuttavia se vuole guidare il partito ha bisogno di alleanze. Da tempo i renziani denunciano il pericolo che «tanti nel Pd per opportunismo vogliano salire sul carro di Matteo». Dario Nardella avverte: «Non è che oltre la rottamazione c’è il riciclaggio, Matteo non farà mai accordi, patti alla vecchia maniera ». E’ a un Pd federale che Renzi pensa. Infine c’è Rosy Bindi, che oggi scioglierà la riserva e indicherà il suo candidato alla segreteria. Fioroni parla di «candidato unico, se Renzi ha l’80% non ce ne sono altri…». Però un abbraccio tra Fioroni e Renzi è assai complicato, e Fioroni sarebbe sul punto di passare dall’altra parte, con i profughi del Pdl e i centristi, quando lo scacchiere politico si sarà del tutto scompaginato. Cautela di Alessandra Moretti e del gruppo dei “non allineati”. Ironie del “turco” Orfini («Rivoluzione Renzi con Franceschini, Fassino, Fioroni, Veltroni, Bettini… bel congresso»); impegno di Civati: «Contrasterò le larghe intese dc-Renzi».
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