by Sergio Segio | 3 Settembre 2013 6:30
WASHINGTON — In attesa delle decisioni del Congresso americano sulla Siria, la diplomazia è in pieno movimento. A sorpresa, fonti diplomatiche, hanno annunciato una riunione per l’8 settembre a Roma degli «amici della Siria», sigla che raccoglie Paesi arabi e occidentali schierati a sostegno dell’opposizione. L’incontro a livello di ministri degli Esteri, si è detto, rappresentava una delle consultazioni periodiche. Ma la notizia ha retto solo qualche ora. La Farnesina ha negato che fosse in programma. È questa la spiegazione? O il nostro governo ha ritenuto opportuno evitarla per non accompagnare il probabile voto del Congresso Usa previsto attorno al 9? Nell’attuale fase l’Italia ha ribadito il suo no a iniziative militari che si svolgano al di fuori del mandato Onu e probabilmente ospitare gli «amici della Siria» poteva essere interpretato come un coinvolgimento diretto in una crisi che allarma.
I toni, del resto, continuano ad essere piuttosto alti. Il presidente Bashar Assad ha rilasciato un’intervista al quotidiano francese Le Figaro per lanciare tre messaggi: 1) «In caso di intervento militare c’è il rischio di una guerra regionale. Tutti perdono il controllo» (Un allusione ad azioni terroristiche e rappresaglie di altri attori, ndr ) 2) «Chiunque rafforzi i terroristi sarà considerato un nemico della Siria e ci saranno conseguenze» 3) È «illogico» sostenere che l’esercito siriano abbia fatto uso di gas.
Una risposta, quest’ultima, alle accuse lanciate domenica dal segretario di Stato americano John Kerry e ribadite ieri dal governo francese. Parigi ha reso noto un rapporto dell’intelligence dove si sostiene che il regime ha usato le armi chimiche il 21 agosto (e in precedenza) con un attacco massiccio. Poi ha bombardato per nascondere le tracce. Elementi che dimostrerebbero la responsabilità dei governativi ma che lasciano dubbiosi i deputati francesi.
Netto il giudizio dei russi. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha sostenuto che le prove mostrate dagli Usa sono «assolutamente non convincenti». Giudizio sottolineato con la stessa forza dal leader Vladimir Putin. Il Cremlino, protettore ad oltranza di Assad, intende discutere della questione siriana al prossimo G20 mentre il Parlamento russo ha proposto di inviare una delegazione a Washington per incontrare i deputati Usa. Molto dinamico anche l’Iran che si propone come mediatore, anche se è l’altro alleato di Damasco. A fine agosto ci sono stati dei colloqui con un emissario americano, l’ex ambasciatore Jeffrey Feltman, ed altri sarebbero avvenuti dietro le quinte. Una soluzione politica — per molti — può essere raggiunta solo con il coinvolgimento di Teheran e Mosca.
In attesa di un’apertura i militari si preparano. La portaerei americana Nimitz , con 4 unità di scorta, si è posizionata nel sud del Mar Rosso. Per il Pentagono non è prevista una sua eventuale partecipazione ai raid però è pronta a intervenire in caso di necessità. I russi hanno replicato ordinando alla nave per lo spionaggio elettronico Priazovye di raggiungere il Mediterraneo sud orientale. Un battello comparso già in passato davanti alle coste siriane e adatto a monitorare i movimenti degli americani.
Guido Olimpio
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