“Non si può continuare così” Matteo lancia la corsa con Letta e i dem voltano pagina

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GENOVA — «Ma l’avete vista la vignetta di Altan su Repubblica dopo il decreto Imu? Tremenda. E vera. Hanno ottenuto quello che volevano, dice uno. Tanto noi non volevamo niente, risponde l’altro. Ecco, non si può continuare così». Matteo Renzi annuncia il «pensierino» sulla candidatura alla segreteria del Pd, che è una conferma della sua corsa alle primarie, ma allo stesso tempo apre una nuova stagione nei rapporti tra il Partito democratico e il governo. Sarà un segretario che non avrà fretta di far crollare tutto e però non farà sconti a Palazzo Chigi. Giorno dopo giorno. La sue parole alla festa nazionale del Pd di Genova aprono una fase nuova che si concluderà, forse nel 2015, forse prima, con la sfida tra Renzi e Enrico Letta per la premiership del centrosinistra. Perché sicuramente il presidente del Consiglio non resterà in panchina. «Io lavoro sul governo», è il commento laconico di Letta alle parole genovesi di Renzi. Vuole continuare a farlo anche passando dal voto degli elettori.
Oggi la partita è quella del congresso. Con la camicia fradicia di sudore, alla disperata ricerca di una maglietta asciutta dietro il palco della festa, la prima preoccupazione di Renzi è aver svicolato bene sull’esecutivo. «Non l’ho attaccato, vero? Non mi sono sbilanciato, mi sembra». Il sindaco sa che deve procedere per tappe. Che prima c’è la conquista del Pd. Poi tutto il resto. Con le mille incognite presenti sul terreno. A cominciare da un discorsetto molto chiaro che Giorgio Napolitano fa a tutti i suoi interlocutori, Renzi compreso: per il bene dell’Italia, per la sua credibilità, il governo deve durare fino alla fine del semestre di presidenza europeo. Ossia fino alla fine del 2014. Dopo di che, tana libera tutti. Eppure Renzi non sarà un segretario come Guglielmo Epifani, non a caso elogiato a più riprese da Letta nel discorso di venerdì sempre a Genova. Capace, esperto, ma non belligerante. Preparare il Pd a vincere significa contrastare la linea delle larghe intese, dargli un’identità precisa che non potrà coincidere con quella di un partito che
governa con Berlusconi e Alfano.
Da ieri, in maniera plastica, il Pd ha due nuovi leader: Renzi e Letta. La rottamazione è compiuta. Gli altri sono spazzati via. Senza proclami. Nei fatti. Si può avere una visione ottimista di questo duello. Come quella proposta dal lettiano Francesco Boccia: «Abbiamo definitivamente voltato pagina. Dietro Enrico e Matteo nascerà una nuova classe dirigente, nascerà un nuovo Pd». In effetti, la differenza tra la carica vitale espressa dai democratici in questa fase e i contorcimenti intorno alla figura declinante di Berlusconi nel centrodestra appare abissale e lascia intravedere una possibile vittoria della sinistra, con l’uno o con l’altro candidato. Ma il governo deve occuparsi anche del presente, della sua stabilità sempre in pericolo. «Renzi un problema per noi? I problemi sono altri, Matteo è una risorsa»,
dice il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Sull’agenda del Paese e del governo pesano semmai i guai enormi del Pdl e del suo capo indiscusso, per il passaggio della decadenza al Senato. Non è il caso di regalargli un vantaggio con una rissa nel campo della sinistra.
A Genova Renzi si è esposto di più sulla sua candidatura con un senso di gratitudine per l’accoglienza ricevuta. Entusiasmo alle stelle, tifosi di tutte le età, quasi il doppio del pubblico registrato dalla presenza del premier (anche se la domenica è un giorno più favorevole), decine e decine di applausi. Non poteva lasciarli a bocca asciutta. Ma la candidatura verrà solennemente lanciata dopo l’assemblea nazionale del Pd (20-21 settembre). Forse il 25 o il 26, in un evento speciale, lontano da Firenze, magari al Sud, punto debole delle primarie perse con Bersani. Boccia ha ragione su un Pd che cambia pagina guardando alle difficoltà dei bersaniani. Non hanno trovato un candidato alternativo, guardano ancora a Fassina, Epifani, Roberto Speranza o Nicola Zingaretti. Finora hanno incassato solo rifiuti. Per questo potrebbero ripiegare su Gianni Cuperlo: «Aspettiamo di leggere la sua piattaforma, perché no — dice Alfredo D’Attorre — . Intanto vedo che l’unico contenuto di Renzi è un Pd che vince le elezioni. Un po’ poco ». In realtà, festa dopo festa, Renzi approfondisce. Qui a Genova ha spiegato la sua idea di welfare, alcune ricette sul lavoro, i punti dell’innovazione. Il programma verrà al momento della scelta ufficiale. Nessuno può dirsi spiazzato dalle parole del sindaco. L’ipotesi che accettasse di saltare un giro per pensare solo alla premiership era ormai solo un’illusione. «Bene, faremo una discussione vivace e costruttiva», dice Stefano Fassina che da tempo gli chiedeva di rompere gli indugi. «Non capisco lo spavento di alcuni, è bello che Renzi non senta più il Pd come un corpo estraneo», sottolinea Matteo Orfini. Sembrano tutti pronti a una bella battaglia. Ma per l’esecutivo si apre, con l’inizio di settembre, una fase nuova.


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