by Sergio Segio | 2 Settembre 2013 6:47
È probabile che gli americani, con l’aiuto degli inglesi, abbiano iniziato a farla in Siria. E da tempo. Unendo lo spionaggio dei segnali — sigint — a intrusioni nel sistema bellico di Assad.
Gli Usa ricorrono alla Nsa che, come ormai tutti sanno in dettaglio, spia, intercetta comunicazioni radio, rastrella email. Ma nel Sud-Est del Mediterraneo contano su un partner fondamentale nella stazione dell’agenzia sorella britannica, la Gchq. Gli inglesi hanno un avamposto formidabile a Cipro e da qui fanno un’azione di monitor profonda in territorio siriano. Hanno raccolto dati nei mesi scorsi, lo fanno ancor più in queste ore per tenere sotto ascolto i dialoghi degli ufficiali preoccupati di nascondere le armi più importanti per una rappresaglia, come gli Scud. Washington può poi ricevere aggiornamenti dalle «antenne», non meno potenti, piazzate sulle alture del Golan e sotto il controllo dell’unità 8200 israeliana.
Sempre Gerusalemme avrà messo a disposizione del Pentagono la propria esperienza. Nel settembre 2007 i suoi caccia hanno violato lo spazio aereo siriano e distrutto un centro di ricerche nucleari. Ricostruzioni successive hanno sostenuto che gli israeliani hanno accecato elettronicamente la rete radar avversaria, probabilmente con un’operazione di hackeraggio sofisticato. Poi, più di recente, Israele è tornato a colpire siti strategici sul Monte Qasyioun, vicino a Damasco, e a Latakia. Le sentinelle di Assad sono state colte di nuovo di sorpresa. O comunque non c’è stato tempo e modo per parare la minaccia.
Gli esperti hanno segnalato che gli Usa hanno già schierato nel teatro velivoli per la guerra elettronica. Li hanno notati a Incirlik, nel Sud della Turchia. Una ripetizione dello schema adottato per piegare lo scudo (debole) della Libia gheddafiana. Aerei speciali, come l’EC130H e l’EAG18G, hanno «confuso» e «bloccato» gli apparati libici. In queste settimane — e in precedenza — i velivoli alleati hanno testato le difese «provocando» i radar. Operazioni condotte restando fuori dello spazio aereo siriano, missioni che talvolta nascondono dei rischi. La contraerea di Assad ha abbattuto, nel giugno 2012, un Phantom turco impegnato nella raccolta di dati.
E in questo clima di grande sospetto non potevano mancare neppure le «cimici» per guidare i missili. I guerriglieri di Al Nusra, formazione ribelle siriana vicina a Al Qaeda, sono convinti di essere nella linea di tiro degli Usa, pronti a distruggere le basi degli insorti jihadisti. Attacchi che verrebbero favoriti da segnalatori elettronici in grado di guidare i missili dei droni Predator e Reaper. A piazzarli delle spie. Voci sostengono che alcuni collaborazionisti al servizio degli americani sono stati scoperti e, con loro, le «cimici». Racconti che ricordano quelli dei qaedisti yemeniti e pachistani sorpresi dai razzi dei droni.
Forse sono timori eccessivi. Però nella bozza che la Casa Bianca ha trasmesso al Congresso per chiedere il via libera all’attacco si dice anche che è necessario agire per impedire che i gas finiscano nelle mani di gruppi radicali.
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