by Sergio Segio | 1 Settembre 2013 7:03
ROMA — Con l’attacco americano non più vicinissimo, Enrico Letta aggiusta il tiro sulla Siria. Senza cambiare la sostanza della posizione italiana, il presidente del Consiglio trova una formula più morbida e meno enfatica nei toni di quella del ministro degli Esteri Emma Bonino, che ha irritato gli alleati di Washington. «Comprendiamo pienamente l’iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare», dice il capo del governo in una nota diffusa ieri mattina.
Letta parla di «momenti difficili per la comunità internazionale» e descrive un’«opinione pubblica italiana drammaticamente turbata dalle immagini delle vittime dell’uso di armi chimiche». Il premier in altre parole non esprime alcun dubbio sul fatto che il regime di Assad possegga questo tipo di ordigni, «il cui uso è un crimine contro l’umanità» e va condannato. Per questo, continua, «occorre fare di tutto perché non accada più». L’impegno è di provarci la settimana prossima a San Pietroburgo, al vertice del G20, tentando ogni strada «perché si trovi una soluzione politica al dramma siriano, che ha già prodotto un numero intollerabile di vittime e di profughi». Per Letta, «è ineludibile la rapida convocazione di Ginevra 2», cioè della conferenza internazionale di pace sulla Siria, rinviata più volte a causa dei contrasti tra la Russia e gli Stati Uniti.
La nota del presidente del Consiglio ripropone in toto la linea dell’Italia espressa nei giorni scorsi dalla Farnesina, che considera la base legale del Consiglio di sicurezza condicio sine qua non di ogni eventuale ipotesi d’intervento e comunque punta tutto sull’iniziativa diplomatica. Ma sembra recepire e voler lenire il disagio americano, di fronte a quello che fonti del Dipartimento di Stato hanno definito un «eccesso di enfasi» da parte di Emma Bonino. Un’esigenza che ieri è sembrata prevalere anche nelle preoccupazioni del ministro degli Esteri, la quale ha cancellato un’intervista già programmata con un’emittente francese.
In un fugace momento di stacco dalle sue quotidiane diatribe giudiziarie, sulla crisi siriana è intervenuto ieri anche Silvio Berlusconi. Riscoprendosi filoeuropeo, il leader del centrodestra italiano «lamenta che ancora una volta l’Europa non abbia una voce univoca e si muova in ordine sparso sulla base di logiche e interessi puramente nazionali». Interessante è l’auspicio formulato da Berlusconi, il quale si augura che «i governi europei si riuniscano al più presto per discutere e concordare una posizione univoca in grado di scongiurare l’ampliamento del conflitto, coinvolgendo gli Stati Uniti e la Russia nella ricerca di una soluzione politica». Dove l’accento più forte è sul coinvolgimento di Mosca, a conferma del suo asse preferenziale con Vladimir Putin. Più in generale, vale la pena notare che il Berlusconi interventista e ultra atlantico del 2003, quando da premier schierò l’Italia al fianco degli Usa in favore della guerra in Iraq, senza patemi per l’unità dell’Europa, ha ceduto il posto a un leader d’opposizione tutto proteso verso la soluzione politica e in apparenza preoccupato per «l’assenza dell’Europa dalla scena internazionale».
E della Siria si è discusso ieri anche in Vaticano, su iniziativa di papa Francesco, il quale ha convocato a Santa Marta un’udienza speciale interamente dedicata a possibili iniziative della Santa Sede per far avanzare il dialogo e mettere fine al bagno di sangue. Nell’Angelus di oggi il Santo Padre potrebbe lanciare un altro monito, ancora più drammatico e forte di quello del 25 agosto scorso.
Paolo Valentino
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