by Sergio Segio | 5 Agosto 2013 15:58
In piena estate il governo francese decide di sopprimere le vacanze di agosto e di anticipare il ritorno al lavoro di un mese per riempire le casse dello stato. Questa è la trama del recente film d Antonin Peretjatko, La fille du 14 juillet [La ragazza del 14 luglio].
Le possibilità che il governo di Jean-Marc Ayrault o qualunque altro esecutivo prenda una decisione così drastica e improvvisa sono molto poche, ma l’idea di ridurre le vacanze per favorire l’economia non interessa solo gli sceneggiatori cinematografici.
Nel 2010 due federazioni delle piccole e medie imprese (Pmi) tedesche hanno proposto di ridurre di una o addirittura di due settimane il numero legale dei giorni di ferie, “per mantenere la ripresa” economica. Più di recente il sottosegretario all’economia italiano ha proposto di ridurre le ferie di una settimana per far uscire il paese dalla recessione, affermando che una misura del genere avrebbe “un impatto immediato di circa un punto percentuale sul pil”.
Ma l’idea non viene solo dall’alto: nel marzo 2012 gli elettori svizzeri hanno respinto con il 66,5 per cento dei voti un referendum federale nato da un’iniziativa popolare che proponeva di adottare due settimane supplementari di ferie, per timore delle conseguenze negative sull’economia.
Con la crisi economica i paesi europei cercano di aumentare la loro produttività riducendo i costi di produzione e in particolare il costo del lavoro. Per raggiungere questo obiettivo possono per esempio ridurre gli stipendi, come ha fatto la Spagna nel 2010[1]. Una politica però molto impopolare e che comporta rischi notevoli.
Ridurre le ferie è un’altra soluzione possibile. Si possono addirittura calcolare gli effetti teorici di una misura del genere. “Si ritiene che un giorno lavorativo rappresenti uno 0,07-0,08 di crescita in più”, precisa Ronan Mahieu, responsabile del dipartimento dei conti nazionali presso l’Istituto nazionale di statistica e di studi economici (Insee). “L’effetto sulla crescita annua rimane piuttosto basso”. Basso, ma concreto.
Dall’altra parte dell’Atlantico molti stimano che 20-30 giorni di ferie siano un’aberrazione economica
Nonostante i benefici teorici dei giorni di lavoro supplementari, tutti i paesi dell’Unione europea offrono ai loro lavoratori almeno venti giorni di ferie. Dall’altra parte dell’Atlantico molti stimano che 20-30 giorni di ferie siano un’aberrazione economica, così come altri vantaggi sociali troppo generosi.
Tuttavia l’impatto negativo delle ferie sull’economia non è mai stato dimostrato e alcuni sostengono addirittura il contrario. “Da un punto di vista teorico più vacanze ha un lavoratore, più è felice e più la sua produttività al lavoro aumenta”, spiega Francesco Vona, economista presso l’Osservatorio francese delle congiunture economiche. “C’è anche un’altra spiegazione: la nostra capacità di concentrazione è limitata e la nostra creatività è legata alla nostra capacità di vedere le cose dall’esterno, cosa che è difficile da fare quando si lavora troppo”.
Ma attenzione: dando troppe ferie si rischia di aumentare il ritmo di lavoro in settori come l’industria per compensare la perdita dell’orario di lavoro effettivo dei dipendenti. Un ritmo troppo intenso può avere gli stessi effetti negativi per la salute (stress, stanchezza, malattie) che una mancanza di vacanze.
In linea generale, più un paese è ricco più il suo numero di ore di lavoro è basso, ma questo non vuol dire che per arricchirsi rapidamente un paese deve ridurre il numero di ore di lavoro effettuate, per esempio riducendo l’orario di lavoro. La Corea del sud e il Messico, che hanno un numero di ore lavorative superiore anche alla Grecia, hanno una crescita molto più alta della Francia.
Ci sono validi motivi per ritenere che più vacanze comportino un aumento della produttività dei lavoratori, ma quello che interessa un paese è prima di tutto la sua crescita economica, cioè la produzione di ricchezza rispetto al periodo precedente. E l’idea che più vacanze possano migliorare la produzione totale su un anno e quindi creare nuova crescita è tutt’altro che evidente. Del resto, se così fosse il modo migliore per massimizzare la produzione sarebbe quella di avere ferie per tutto l’anno. “Calcolare l’impatto reale sull’economia di un giorno di ferie in più o in meno è molto difficile”, sintetizza Mahieu dell’Insee, che ricorda che non tutti i lavoratori prendono tutti i giorni di ferie a cui hanno diritto.
Esiste un numero ideale di giorni di ferie? Certamente no
Esiste un numero ideale di giorni di ferie? Certamente no. Tanto più che un numero minimo legale di ferie non corrisponde ai giorni di ferie effettivamente presi dai lavoratori, se si tiene conto di quelli che non sfruttano tutte le loro vacanze e di chi lavora in settori o imprese che propongono il doppio del periodo minimo previsto.
La soluzione va forse cercata in un approccio più flessibile alle ferie e più in generale all’orario di lavoro. Oppure immaginare un futuro con un numero di vacanze illimitate, come fanno per esempio l’Ibm o la Netflix. Il principio è semplice: i loro dipendenti hanno la possibilità di prendersi tutte le vacanze che vogliono se svolgono il lavoro nei tempi previsti. Un metodo che sembra dare i suoi frutti.
Traduzione di Andrea De Ritis
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