Spinta su Letta: in campo se il Pdl strappa
ROMA — Il tema è stato congelato dalla prima parte della nota di Giorgio Napolitano, quella in cui il capo dello Stato è tornato ad allontanare lo spettro delle elezioni anticipate. E, per adesso, l’unica cosa certa in casa del Pd è che nessuno muoverà una foglia prima che Silvio Berlusconi non decida se imboccare la strada della lealtà all’esecutivo o quella della resa dei conti. Ma qualche giorno dopo la sentenza della Cassazione, e in particolar modo nelle ore precedenti alla manifestazione a Palazzo Grazioli di quasi due settimane fa, un pezzo significativo del gruppo dirigente del Pd era pronto a chiedere a Enrico Letta di candidarsi alle primarie. Primarie che, in quel momento, sembrava si dovessero trasformare dalla corsa per la segreteria del Pd alla contesa per la premiership di un Paese che pareva sul punto di tornare al voto.
A quelle condizioni, nonostante oggi continui a rimanere alla larga dalle beghe di partito, Letta avrebbe fatto il «grande passo». Ed è evidente che i tanti che ancora temono lo spettro delle elezioni anticipate – da Epifani a Franceschini, passando per Bersani – ancora considerino come «valida» l’opzione di vedere «Enrico» in corsa. Altrimenti non si spiegherebbe la scelta di sprecare l’occasione delle Feste democratiche in giro per l’Italia senza aver ancora designato un candidato da opporre a Matteo Renzi, che invece quelle tribune le ha sfruttate.
All’indomani della nota con cui il Quirinale ha blindato la legislatura, però, nelle telefonate interne alla tolda di comando del Pd è tornata ad affacciarsi la speranza che, alla fine, il sindaco di Firenze decida di non candidarsi al congresso e di aspettare il turno della premiership. Fondata o meno che sia, l’opzione torna a farsi largo anche in cima ai desiderata di Massimo D’Alema.
Il presidente di ItalianiEuropei , che nelle uscite precedenti alla sentenza della Cassazione aveva insistito sulla necessità di celebrare il congresso nei tempi previsti, torna a battere la strada che porta al passo indietro di Renzi. «Se si candidasse a fare il segretario, commetterebbe un grave errore», dice in un’intervista apparsa il giorno di Ferragosto sul Messaggero . E non si tratta certo di moral suasion visto che lo stesso D’Alema adombra «un periodo molto complicato e difficile» per il partito nel caso in cui il sindaco di Firenze uscisse vincitore dalle primarie. Non è un’avvisaglia rispetto al pericolo della scissione. Ma poco ci manca.
Risposte? Nessuna. Renzi è in vacanza negli Stati Uniti e nella sua cerchia ristretta nessuno parla. «Mettiamo pure che noi accettiamo di saltare un giro», è la premessa del renziano Michele Anzaldi. Che aggiunge: «Il tema è che se il governo non volta pagina e se non c’è nessuno a rispondere, come farebbe Renzi alla campagna elettorale che sta già facendo Berlusconi, a quel punto la nostra gente ci inseguirebbe coi forconi». L’ennesimo segno che la grande partita del Pd dipenderà dalle contromosse del Cavaliere. Se staccasse la spina al governo, trasformerebbe le primarie nella contesa per la premiership. Una contesa in cui, a quel punto, sarebbe davvero difficile non vedere Enrico Letta tra i partecipanti.
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