by Sergio Segio | 20 Agosto 2013 15:52
IL CAIRO — Prima dei razzi contro i pullman sui quali viaggiavano, poi, quando i poliziotti sono scesi a terra, i jihadisti hanno aperto il fuoco con le mitragliatrici. E’ questa la dinamica di quanto accaduto contro due mezzi della sicurezza centrale egiziana nella penisola del Sinai, sulla strada che collega Rafah e Al Arish. Il bilancio è pesantissimo: 25 morti e 3 feriti. Il che rende l’attacco di ieri, sferrato da sei militanti islamici, uno dei più sanguinosi contro le forze dell’ordine egiziane degli ultimi anni. Un episodio che avviene mentre nel Paese è in atto una dura repressione dell’esercito contro i manifestanti islamisti che protestano per la destituzione del presidente Morsi.
Secondo fonti della polizia locale, i razzi non avrebbero colpito gli autobus, ma i poliziotti sono scesi dai veicoli dopo le esplosioni, e sono stati allora giustiziati a colpi di mitraglia. Dopo l’attacco, le autorità hanno chiuso il valico di Rafah tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. Poco prima, un generale della polizia egiziana è stato ucciso da un cecchino mentre saliva a bordi di un veicolo blindato, poco distante dall’agguato in cui sono stati trucidati i 25 poliziotti. Nello stesso luogo, altri uomini armati hanno attaccato la sede di una banca e quella della procura militare, causando la morte di un poliziotto.
Dopo la deposizione del presidente islamista Morsi, l’esercito egiziano ha lanciato un’operazione anti terrorismo su vasta scala nel Sinai. La presenza dei militari egiziani nel Sinai è «una necessità cruciale», scriveva ieri il Jerusalem Post, ricordando il missile recentemente sparato verso Eilat da terroristi affiliati ad al Qaeda nel Sinai. Con questi attacchi, i terroristi puntano non solo a colpire Israele, ma anche a creare un incidente diplomatico fra i due Paesi.
Domani i ministri degli Esteri dei paesi dell’Unione europea si riuniranno in via eccezionale a Bruxelles per decidere le misure da adottare per rivedere i rapporti diplomatici con l’Egitto, in seguito ai violenti scontri che nei giorni scorsi hanno provocato 1000 morti e oltre 2000 arresti. «Non è stata esclusa nessuna opzione», ha spiegato il rappresentante speciale della Ue per il Mediterraneo meridionale, Bernardino Leon. Ma l’Ue intende rimanere un «interlocutore chiave e mantenere i canali aperti» con l’Egitto, ha quindi aggiunto Leon. Tra le ipotesi di pressione sull’esercito egiziano la possibilità di un embargo nelle forniture di armi.
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