Scontro sulla decadenza da senatore Manovre per far slittare il voto

Loading

ROMA — Al Senato il Pdl prepara la grande melina di Ferragosto. Con la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi già trasmessa al presidente Piero Grasso, i sette componenti pidiellini della giunta delle Elezioni (composta da 23 senatori e e convocata per mercoledì) hanno già indossato l’elmetto per frenare una procedura e un voto che, ai sensi della legge Severino del dicembre 2012, dovrebbe portare in tempi abbastanza rapidi alla decadenza del condannato Berlusconi. Invece i tempi della giunta per le Elezioni, presieduta da Dario Stefano (Sel), saranno decisamente lunghi. Il primo voto arriverà a settembre e poi occorrerà altro tempo per il passaggio in Aula. Infatti il centro destra, che pure quella legge ha votato meno di un anno fa, vuole aprire un dibattito fiume sull’interpretazione da dare alla legge: il Pdl sostiene che il reato di frode fiscale addebitato al Cavaliere è stato compiuto nel 2002, cioè dieci anni prima che il decreto Severino vedesse la luce. Per cui — argomentano Francesco Nitto Palma, Giacomo Caliendo e Francesco Paolo Sisto — sono tutte da verificare l’incandidabilità e la decadenza di Silvio Berlusconi. Tuttavia il presidente della giunta ha già avviato un’istruttoria con gli uffici del Senato che, a questo punto, sembrerebbero convinti dell’applicabilità della norma sulla decadenza anche per i fatti precedenti all’entrata in vigore della legge.
La questione l’ha studiata a fondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex senatore del Pd e relatore della legge Severino: «La decadenza è pienamente applicabile e costituzionale come risulta chiaramente dai lavori preparatori. Non vi sono dubbi sull’applicazione della legge Severino-Monti che per altro non attiene alla materia penale ma a quella elettorale». Ricorda dunque Ceccanti: «Le obiezioni presentate in queste ore non sono pertinenti e non furono mai proposte al momento del varo della normativa. L’unico dibattito che vi fu sulla costituzionalità e sulla retroattività, date per scontate, fu a proposito delle sentenze derivanti da patteggiamento». Dunque, conclude il costituzionalista: «Per tutte le altre è pacifico che le sanzioni siano applicabili sia a sentenze sia a fatti precedenti».
La puntigliosa ricostruzione di Ceccanti, tuttavia, viene capovolta da Francesco Paolo Sisto che anticipa quale sarà la linea difensiva del partito di Berlusconi: «Se l’incandidabilità non è una sanzione penale Berlusconi non è incandidabile». Infatti, argomenta il presidente della prima commissione della Camera, la sentenza della Cassazione ha reso definitiva la sola pena principale e non certamente gli effetti non penali di tale decisione. E se la decadenza e/o incandidabilità non ha natura penale è evidente che, prima di decidere, bisognerà attendere il deposito delle motivazioni da parte della Cassazione».
Insomma, il dibattito sulla decadenza del condannato Berlusconi si è già avvitato su se stesso. E Vito Crimi, ex capogruppo del M5S, lo ha fiutato ed è già uscito allo scoperto: «La decadenza di Berlusconi va votata prima della pausa estiva. E il voto può avere un unico esito in quanto già stabilito dalla legge in modo inequivocabile». E anche Donatella Ferranti (Pd), intervistata dall’Unità , ribadisce il concetto: «Le norme del decreto Severino sono chiare e inarrestabili. Berlusconi, che ha 77 anni, potrebbe restare fuori dal Parlamento da un minimo di due a un massimo di sei anni». A questo punto, però, il presidente della giunta, Stefano, chiede un atto di responsabilità a tutti i partiti per evitare un rissa che farebbe slittare sine die i lavori: «Mercoledì dobbiamo prima di tutto terminare la discussione generale sull’ineleggibiltà di Berlusconi in Molise» in relazione al suo potenziale conflitto di interessi. Poi toccherà al relatore Augello (Pdl) «prendere atto che c’è un elemento nuovo».
Dino Martirano


Related Articles

“Il Cavaliere forse si sta pentendo alla fine dovrà  seguire la Lega”

Loading

Forse oggi non si farebbe sfuggire quella battuta sull’Imu: quella varata è solo una tassa centralista, diversa dal decreto sul federalismo

Il vigore necessario al cambiamento della società  (e degli individui)

Loading

Senza vigore non si campa e non si vince. E se uno non ce l’ha, non se lo può dare. C’è da credere che nelle scelte prossime nella Chiesa e nella politica il vigore (in atto per qualcuno, da rilanciare per altri) avrà  il suo peso. Del resto, senza vigore nessun soggetto (Pontefice, Curia, conferenze episcopali, partiti, leader politici, istituzioni) può pensare di affrontare il travaglio del «riposizionamento», unica strategia per sopravvivere e riprendere a crescere.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment