Renzi invita alla calma: non siamo incendiari Ma cresce il malessere
Tutti lì a sperare che la condanna non sia troppo definitiva, che lasci qualche spiraglio aperto… Le spiegazioni dell’ex psi ora deputato del Pd sono farina del suo sacco di avvocato, illustrate in punta di diritto. Perciò non tutti capiscono e in molti tirano un sospiro di sollievo. Solo i lettiani di rito ortodosso Mosca e Vaccaro afferrano al volo la situazione e dicono: «È una condanna, e anche pesante». Già, talmente pesante che i senatori del Partito democratico, nonostante l’interdizione sia in forse, potrebbero essere chiamati ugualmente a votare per la decadenza dallo scranno di Palazzo Madama di Silvio Berlusconi. Insieme ai grillini e a Sel. Ragion per cui Gennaro Migliore, da sempre fautore di un’intesa tra Vendola e il Pd, ora dice: «Il governo è già finito, anche se c’è chi non se n’è accorto».
Dunque, ormai non è più questione di renziani e non renziani. Il malessere è di tutto il partito. Il sindaco di Firenze invita i suoi alla calma: non prestiamo il fianco alle provocazioni. Tradotto: non facciamo noi la parte degli incendiari, quando è tutto il Pd che rischia di andare a fuoco per il contraccolpo rispetto a questa sentenza. Ai fedelissimi il sindaco di Firenze ripete il suo mantra: «Abbiamo sempre detto che il Cavaliere si sconfigge con la politica e non attraverso i giudici. E non abbiamo motivo per cambiare idea adesso. Ora tocca al governo dimostrare di essere capace di andare avanti lo stesso, ma non tanto per vivacchiare: perché ha delle cose da fare, se ci riesce. Non ci sono più alibi, o, meglio, noi non faremo più da alibi alle manchevolezze altrui. Certo, sarà difficile andare avanti in Parlamento, dal momento che non abbiamo più né il nostro maggiore alleato, cioè Berlusconi, né una maggioranza in grado di approvare provvedimenti».
Parla così Matteo Renzi, ma a largo del Nazareno i toni non sono più teneri. Anzi. Guglielmo Epifani è in stato d’allarme, come rivelano le parole che affida ai collaboratori: «Che cosa facciamo ora? Certo non possiamo andare in giro per le tante feste democratiche previste in tutta Italia questo agosto a difendere l’indifendibile». E ancora, sempre il segretario, che a questo punto non sembra escludere più nessuna deriva: «Non stiamo a cincischiare: Berlusconi è stato condannato e noi dobbiamo essere pronti a tutto».
Una frase, questa, che lascia aperta ogni prospettiva. Persino quella di accettare la fine di questo governo presieduto da un autorevole esponente del Partito democratico e insediato da Giorgio Napolitano. Già, come reagisce il premier e come risponde il suo braccio destro, Dario Franceschini, di fronte all’accavallarsi tumultuoso degli eventi? Non è più possibile fare finta di niente e dire, come diceva ieri il super lettiano Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio: «Non succede nulla». Ma l’accelerazione impressa dai maggiorenti del Pd non trova d’accordo i big governativi. Epifani, che in queste ore scambia sms anche con Renzi, per monitorare la situazione e tentare di tenere tutto sotto controllo, spiega sia a Letta che a Franceschini che il Pd non è in grado di «fare di tutto per tenere questo governo in piedi, perché se il Pdl esagera è difficile reggere a quell’ondata d’urto».
Dello stesso avviso Gentiloni: «In un altro Paese sarebbe stata premura del diretto interessato quella di fare un passo indietro. Berlusconi potrebbe essere affidato ai servizi sociali, ma se si defila dalla politica si può andare avanti. La verità è che a questo punto dipende tutto da quelli del Pdl se loro iniziano a fare i numeri, a occupare le stazioni, come vanno dicendo in giro, a fare di Berlusconi un martire, allora sarà difficile reggere…». E per una volta tanto un renziano e un bersaniano pensano allo stesso modo. Dice infatti Alfredo D’Attorre: «Se da parte del Pdl prevale la linea della rottura non possiamo reggere e lo stesso Letta ne è ben conscio».
Maria Teresa Meli
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NON è facile orientarsi, in questi tempi strani. In questo Paese strano. Dove nulla comincia e nulla finisce davvero. Non è facile capire di che si discuta. Le questioni, gli eventi, gli attori. Dissociati dal contesto originale. Oppure, ricollocati in un contesto diverso.