“SE I DIRITTI SONO DIVERSI”

by Sergio Segio | 1 Agosto 2013 9:03

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«Non esageriamo, la Francia è ancora il paese d’Europa in cui le diseguaglianze sono meno pronunciate. Se guardiamo indicatori classici per misurare la povertà, ci accorgiamo che le disparità economiche sono sicuramente inferiori rispetto a paesi come la Gran Bretagna. Se poi facciamo un paragone tra l’Europa e gli Stati Uniti, allora vediamo che il Vecchio Continente è ancora un’area del mondo in cui viene preservato un ideale di giustizia sociale».
Il sociologo francese sta per pubblicare un nuovo saggio, La fin des societés. Un’analisi di come il “sociale”, inteso come organizzazione
delle risorse in istituzioni collettive, dalla scuola alla sanità, sia ormai in pericolo di estinzione.
Il governo del sociale è stato sostituito da quello puramente economico?
«La globalizzazione finanziaria ha messo a soqquadro un equilibrio che avevamo costruito nell’ultimo secolo, attraverso i movimenti operai, i sindacati e poi le forze progressiste. Ora che l’economia finanziaria può passare sopra al controllo di Stati e nazioni, l’unica cosa che rimane delle istituzioni sociali che abbiamo costruito sono valori morali, come la dignità, il rispetto. Ed è qui che le disuguaglianze, anche in Francia, stanno aumentando».
Le democrazie occidentali hanno ormai accettato che ci siano cittadini con meno diritti degli altri?
«Se guardiamo indicatori sociali che misurano il successo dei ragazzi a scuola, oppure il diritto delle famiglie ad avere una casa, dobbiamo constatare il fallimento della Francia dell’égalité. Questo è stato un paese che ha saputo integrare in modo formidabile gli immigrati, poi il modello è entrato in panne per una ragione connaturata allo Stato: l’universalismo».
È proprio questa la promessa mancata della République?
«La società francese ha sviluppato una resistenza alle differenze in nome dell’universalismo. Nel sistema scolastico, per esempio, è quasi assente un tentativo di offrire programmi di integrazione specifici per le minoranze culturali e religiose, che poi ormai non sono più tanto minoranze. Questo atteggiamento, alla fine, provoca un rigetto dell’altro».
Ma come si può eludere il dato economico, per esempio sul deterioramento della classe media?
«In sociologia il concetto di classe media è stato ormai ridefinito. Una volta erano le categorie statali e parastatali, ovvero gli impiegati con un salario garantito. La classe media è oggi composta da quadri d’impresa e da liberi professionisti. Anche in questo caso, è un’evoluzione legata all’economia di mercato che ha preso il sopravvento».
Con la crisi, è anche aumentata la forbice tra i ricchi e poveri.
«Il dato che riguarda il 5% della popolazione più ricca o più povera rispetto al reddito medio non è peggiorato in modo clamoroso. La novità sono i super-ricchi, quello zero virgola qualcosa che accumula fortune immense nonostante la recessione ».
E la gauche che ora è al potere non ha portato alcuna svolta?
«Anche in Francia, la sinistra ha abdicato al suo ruolo di governo dell’economia di mercato. I valori della gauche sono invisibili. L’attuale governo si accontenta di difendere conquiste passate. Ha una visione puramente conservatrice che, come tale, è destinata a essere sconfitta».

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