by Sergio Segio | 11 Agosto 2013 6:17
MILANO — «Basta. Berlusconi è un leader finito e non può più porre diktat. Quella sull’Imu è becera propaganda e si sta mettendo a rischio la pace sociale». Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è preoccupato: per la situazione politica nazionale («Non vedo alternativa al voto in tempi certi e brevi») e per le difficoltà economiche cui sono sottoposti gli enti locali («Fare bilanci oggi è come giocare a freccette con il bersaglio mobile»).
Sindaco, cosa pensa della polemica sull’Imu?
«Berlusconi non ha più il diritto di lanciare ultimatum. Non entro nell’aspetto giudiziario, ma siamo di fronte ad un leader finito, bocciato anche dal popolo che lo aveva votato. Con la politica dello struzzo, quella che per non perdere consensi ci negava la crisi, ci ha portati sull’orlo del baratro. In Europa è stato riconosciuto come responsabile del nostro disastro ed è e stato costretto a dimettersi. Ha perduto 10 milioni di voti e ha preso batoste storiche alle amministrative, a partire proprio da Milano. La sua pretesa è quindi irricevibile. Si occupi pure del suo partito, ma rinunci a imporre le scelte al governo».
Lei non condivide l’ipotesi di eliminare l’Imu sulla prima casa?
«Tutti vorremmo tagliare le tasse, ma chi ci governa deve assumersi la responsabilità di dire dove prendere i soldi che verrebbero a mancare. Nei giorni scorsi, il governo ha preso l’impegno di concordare ogni decisione su imposte locali e trasferimenti ai Comuni con l’Anci, che rappresenta sindaci di centrodestra, centrosinistra e liste civiche. E comunque non si possono mettere tutti sullo stesso piano: ci sono famiglie strozzate dalle difficoltà, giovani che non trovano lavoro e pensionati che non ce la fanno. È giusto che chi ha di più paghi di più».
Il governo può andare avanti?
«Questo è un governo che non ha la forza né la libertà di fare le scelte necessarie per il bene del Paese, perché nella coalizione che lo appoggia c’è chi gioca a fare il poliziotto buono, dimenticando di essere corresponsabile dell’attuale situazione. Il limite non è nelle persone e i ministri stanno facendo tutto quanto possibile: ma la situazione politica complessiva e le pressioni del centrodestra rendono tutto insostenibile».
Quindi, meglio il voto?
«È positivo che sia stata finalmente messa in calendario la nuova legge elettorale, così si potrà decidere quando sarà il momento di tornare a votare. Questo governo come quello precedente nascono da uno stato di necessità e funzionano solo se sono a tempo e “a progetto”. In questa situazione non si può sperare di affrontare la ripresa e quindi bisogna fare tutto quanto necessario per essere pronti in ogni momento al voto».
Epifani ipotizza accordi trasversali, ad esempio sulla legge elettorale: lei cosa ne pensa?
«Non credo che in questo Parlamento ci siano alternative di governo e lo dimostrano le continue prese di posizione di Grillo. Ma con il M5S, con Sel e ritengo anche con Scelta civica si possono fare accordi su singole proposte di legge, a partire dalla riforma elettorale».
Lei denuncia le pressioni del centrodestra: ma non è preoccupato per le spaccature all’interno del Pd?
«Certo che lo sono, pur non essendo iscritto a questo partito. Il Pd è una grande forza che può garantire un futuro all’Italia, ma non si possono più ritardare decisioni come la nomina del segretario sulla base di un programma e di un progetto politico. Solo se il confronto congressuale si sposta dai litigi, dai pettegolezzi e dalle persone per arrivare a una discussione sui programmi ci potrà essere quella svolta indispensabile per ricostruire una coalizione di centrosinistra ampia e unitaria, che comprenda anche gli amici di Sel, in grado di presentarsi alle elezioni e vincere».
Che percorso suggerirebbe?
«Si faccia la legge elettorale, si facciano i congressi i più aperti possibile, le primarie per il candidato premier e poi si restituisca la parola agli elettori. Ma in tempi brevi: se la propaganda di Berlusconi affonda nella carne molle delle continue divisioni del Pd, il rischio è che si perdano le prossime elezioni».
Renzi è una risorsa o un problema?
«È una risorsa. Peraltro come molti nel Pd e nella sinistra. I problemi esistono, inutile negarli, ma sicuramente non ne è responsabile Renzi».
Torniamo ai Comuni. Nei giorni scorsi lei ha lanciato un grido d’allarme per i bilanci. Cosa sta succedendo?
«Pare che sulla fiscalità locale si deciderà il 31 agosto, poi ci vuole un decreto legge e l’iter parlamentare che può modificare anche sensibilmente il decreto del governo. Ma come fanno i Comuni, senza avere certezze sugli introiti e sui tagli, a fare bilanci in grado di dare risposte alle esigenze sempre maggiori dei propri cittadini? Lo capisce chiunque e sento sempre più sindaci che, in assenza di certezze, hanno intenzione di dimettersi o di non fare i bilanci. Sarebbe un danno irreparabile, anche perché il motore dell’economia e il laboratorio dello sviluppo sono le città, come spiegato anche in un libro appena uscito in America, The metropolitan devolution».
Intanto lei è il primo cittadino che ha dovuto introdurre l’addizionale Irpef e ritoccare le tariffe dei mezzi pubblici. Quanto ancora si può tirare?
«Mi fa una domanda difficile, la più difficile. Io, che in ambiti diversi, mi sono sempre impegnato per una società più giusta, mi trovo a dover fare scelte tremende e non ci dormo la notte. Quando un sindaco è costretto a tagliare servizi fondamentali o ad aumentare le tariffe piuttosto che le imposte locali, mentre altri giocano strumentalmente sulla demagogia non per salvare il Paese ma per conquistare il potere, la sofferenza è enorme. Ma di fronte a scelte obbligate l’impegno non può che essere quello di salvaguardare il livello di equità evitando di pesare su tutti in modo uguale, perché c’è chi può pagare e chino».
Elisabetta Soglio
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