Patto segreto tra le colombe per allungare i tempi

by Sergio Segio | 31 Agosto 2013 6:02

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ROMA — «Care amiche, cari amici, care compagne, cari compagni. (…) Come a tutti noto, il 9 settembre la Giunta per le elezioni del Senato inizia a dibattere sulla questione della decadenza di Silvio Berlusconi. (…) Il Pd voterà la decadenza» ma — si legge qualche riga più tardi — «non si possono certo ignorare una serie di problematiche tecnico-giuridiche sulle quali è in corso un ampio dibattito che coinvolge autorevoli giuristi e costituzionalisti. Particolarmente rilevanti sono state le questioni sollevate da Luciano Violante in un’intervista al Corriere …».
In cima alla lettera c’è il logo del Senato. E, come si capisce dall’incipit, i firmatari sono del Partito democratico. Di più, sono tutti i senatori del Pd eletti in Piemonte con l’esclusione del renziano Stefano Lepri, che non l’ha condivisa. C’è la firma di Stefano Esposito, che l’ha promossa. E, a seguire, quelle di Federico Fornaro, Vannino Chiti e dei loro colleghi Borioli, Ferrara, Fissore, Favero, Manassero, Zanoni, nonché quella del socialista Enrico Buemi, che è anche membro della giunta che deciderà sulla decadenza del Cavaliere.
È una lettera in difesa di Violante, che è stato invitato per domani pomeriggio a discutere del suo «lodo», che riguardava il possibile rinvio del «caso Berlusconi» alla Consulta, in un incontro pubblico nella sede del Pd di Torino. Ma è anche, implicitamente, «l’apertura» di un pezzo del Pd a un possibile allungamento dei tempi nella giunta. Soprattutto se riguardano un tema, come quello del possibile esame alla Consulta del tema della decadenza, «peraltro condiviso — si legge nel testo — da giuristi non certo imputabili di berlusconismo».
Accelerare verso il voto su Berlusconi oppure no? «Questo è un tema troppo serio per essere ignorato. E il Pd è una comunità che su queste cose ha il dovere di discutere», spiega Esposito. Che aggiunge: «A me non frega nulla che Civati o altri attacchino Violante su Twitter. Visto che sulla vicenda di Berlusconi è in corso una contesa su cui il fior fiore dei costituzionalisti sta dibattendo, io con Violante mi voglio confrontare…».
Sembra un piccolo tassello di un ingranaggio più sofisticato. E può anche essere il viatico per portare al vero obiettivo su cui una task force di «governisti» di Pdl e Pd sta lavorando da settimane. L’obiettivo è lo stesso su cui anche i ministri berlusconiani si sono soffermati nei loro colloqui riservati. E cioè evitare che la Giunta del Senato arrivi a votare la decadenza di Berlusconi prima dell’intervento della Corte d’appello di Milano, a cui la Cassazione ha rinviato la definizione della pena accessoria per il Cavaliere. Lo schema è molto semplice. Se i giudici di Milano definiscono l’interdizione dai pubblici uffici per l’ex premier prima che Palazzo Madama voti per la decadenza, a quel punto nessuno — nemmeno i falchi del Pdl — potrà minacciare rappresaglie sul Pd. Perché a decidere della perdita del titolo di senatore da parte del leader del centrodestra saranno stati i magistrati, non il Pd.
Di modi per guadagnare tempo ce ne sono. Alcuni, come il voto negativo rispetto alla relazione che il pidiellino Andrea Augello leggerà in Giunta il 9 settembre, sono addirittura automatici (anche perché, in caso di voto contrario, la Giunta deve nominare un nuovo relatore scelto tra i membri che avranno votato contro). Altri, come la «ricusazione» (virgolette d’obbligo) del presidente Dario Stefano, presuppongono lo scenario di una «guerra» a colpi di regolamento in cui il Pd non potrebbe far altro che affiancare Sel e Cinque Stelle. Per questo è il dibattito sul «lodo Violante» la strada migliore per prendere tempo. E Berlusconi deve essersene convinto se è vero, com’è vero, che dopo Ferragosto sembrava escludere la presentazione di memorie difensive che invece sono state annunciate.
Perché gliel’hanno detto o fatto capire in tanti, a Berlusconi. «Difenditi in Senato e non dal Senato». Alcuni di loro, casualmente, ieri erano in Val d’Aosta, a Cogne, al Gran Paradiso Film Festival. Come il ministro Gaetano Quagliariello, sicuro che i dubbi normativi sulla decadenza del Cavaliere «ci sono anche a sinistra». E come Luciano Violante, che ha sottolineato di «non sentirsi sotto processo» per l’idea del coinvolgimento della Consulta su cui è d’accordo anche un ex presidente della Corte come Valerio Onida, anch’egli ieri atteso a Cogne. I governisti trattengono il fiato ascoltando le ultime bordate del Cavaliere. C’è una clessidra in movimento. Se supera il 15 ottobre, si chiuderà l’ultima finestra elettorale. E se la Corte d’appello di Milano chiudesse la pratica della decadenza di Berlusconi prima che lo faccia il Senato, la maggioranza sarebbe ancora più al sicuro.
Tommaso Labate

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