by Sergio Segio | 7 Agosto 2013 8:35
L’anno scorso, in qualità di portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), partecipai ai primi contatti con la Rai. Sull’esempio di analoghe trasmissioni prodotte da tv di altri Paesi, si ipotizzò una trasmissione che avesse l’obiettivo di rendere più comprensibile all’opinione pubblica italiana la condizione vera dei rifugiati, troppo spesso e troppo sbrigativamente raffigurati come una minaccia alla nostra sicurezza. In particolare venne da me suggerito un format australiano, molto apprezzato, in cui ad essere coinvolte erano persone comuni, con idee molto diverse tra loro in tema di asilo, e comunque non certo vip. Si pensava dunque ad un’operazione di sensibilizzazione, non ad un reality o qualcosa di analogo, come invece indicherebbero le anticipazioni uscite nell’ultima settimana.
Come è ovvio, il mio coinvolgimento si è forzatamente interrotto a fine anno, quando ho lasciato l’incarico di portavoce. Prima come candidata alle elezioni politiche, poi come presidente della Camera, non ho avuto più né tempo né titolo per occuparmene. Leggo ora degli sviluppi che il progetto avrebbe avuto.
Non spetta certo a me esprimere un eventuale “altolà”, come Veronese mi chiede, che avrebbe l’aspetto di un’interferenza nell’autonomia editoriale della Rai o – peggio ancora – di una censura preventiva. Faccio notare al riguardo che le mie poche parole su Miss Italia, che tanta risonanza hanno avuto, sono venute solo a commento di una decisione che la Rai aveva già preso e annunciato da settimane.
Sono assolutamente certa del fatto che i miei ex colleghi dell’Unhcr abbiano a cuore quanto me la necessità di evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni. Al tempo stesso voglio sperare che il servizio pubblico – dai cui vertici sono venuti di recente significative e apprezzabili prese di distanza da un modello di reality-show ormai logoro – non ne faccia una tardiva replica a spese dei rifugiati e della loro dignità.
* l’autore è presidente della Camera
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