Morte al centro per immigrati a Crotone scoppia la rivolta

by Sergio Segio | 20 Agosto 2013 15:58

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CROTONE — Prima hanno tirato giù le pareti che dividevano due aree dell’edificio, poi hanno dato fuoco a lenzuola e materassi devastando i mobili, l’impianto elettrico e quello di video sorveglianza. L’ennesima protesta nei Cie italiani è esplosa a Isola Capo Rizzuto il 12 agosto scorso, a poche ore dalla strana morte di Moustapha Anaky, un giovane marocchino di 26 anni, deceduto “a seguito di un malore”. Un episodio che ha innescato una rivolta all’interno del Centro di identificazione ed espulsione Sant’Anna da parte degli altri 51 “ospiti” della struttura calabrese. A seguito della quale la Prefettura lo ha dichiarato inagibile trasferendo gli extracomunitari fuori regione. Il Centro è chiuso ufficialmente, danneggiato pesantemente dalle fiamme appiccate al suo interno. A Crotone, nella sostanza, è successo quello che stava avvenendo a Gradisca d’Isonzo, dove nelle stesse ore hanno protestato gli ospiti del Cie di Gorizia. In entrambi i casi il bilancio è stato pesante. In Friuli — dove momenti di tensione ci sono stati anche tre giorni fa — alla fine della protesta si contavano un migrante grave e altri due feriti.
Certo è che Moustapha Anaki è morto in circostanze non chiare. Tanto che il pm di Crotone Gabriella De Lucia ha deciso di aprire un’inchiesta ordinando l’autopsia di cui non è ancora stato depositato l’esito. Il ragazzo era a Isola Capo Rizzuto da un mese in attesa di essere rimpatriato dopo avere scontato una pena nel carcere di Salerno. Si trovava in Italia da sette anni, sempre senza permesso di soggiorno, condizione che dal 2009 anche in Italia costituisce reato. L’11 pomeriggio Anaky aveva avvertito un malore, schiumava bava e liquido nero dalla bocca, da qui la sensazione che abbia ingerito qualcosa di velenoso. Le sue condizioni sono parse subito gravi, tanto da far risultare inutile il tentativo di portarlo in ospedale. È stata la notizia della sua morte a scatenare la reazione violentissima dei suoi compagni con la quale si chiedevano “condizioni più umane” e una “assistenza degna di questo nome”. E la Prefettura è in attesa “dell’esito delle indagini e dell’esame autoptico che dovrebbe chiarire i dubbi sul decesso”.
Il Cie di Isola Capo Rizzuto si trova all’interno di un’ex area mi-litare, in cui ha sede anche il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che attualmente ospita mille e 800 migranti provenienti da Lampedusa o dalle coste calabresi dove si registrano sbarchi quotidiani. Il Cie, centro di identificazione ed espulsione per immigrati irregolari, e il Cara sono stati realizzati nello stesso periodo. Il Cie era stato aperto nel 2009, poi chiuso nel 2010 dopo una prima rivolta e riaperto solo nel 2012, dopo la necessaria ristrutturazione. Si tratta di strutture temporanee, in cui si registrano spesso tensioni.
Ieri mattina in Calabria è arrivata il ministro Cecile Kyenge. Una visita programmata da alcune settimane iniziata a Reggio. La Kyenge come primo gesto è andata a rendere omaggio alla tomba del colonnello Cosimo Fazio, comandante dei vigili urbani, morto per un infarto il 15 agosto mentre stava coordinando le operazioni di sbarco di un gruppo di immigrati.
Nel pomeriggio il ministro ha affrontato il tema delle rivolta del Cie di Crotone (dove sarà in visita domani), e di conseguenza quello della riforma della Bossi-Fini. Operazione “da condividere e che deve coinvolgere tutti”. Per il ministro per l’integrazione va fatto “un percorso che deve coinvolgere sia attori della società civile, sia protagonisti della politica, ma anche all’interno del Parlamento ci sono già delle aperture”. Da destra tuttavia arrivano nuovi attacchi alla Kyenge. Con Gasparri del Pdl che sottolinea: «Ci sono molti modi per far cadere un governo. Tra questi anche eventuali irresponsabili tentativi di rendere più lassista la legislazione in materia di immigrazione. La Kyenge continua a seminare demagogia andando fuori dai suoi limitatissimi compiti. Eviti di contribuire alla confusione».

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