Milano, oltre la sola tossicodipendenza
Un quadro che contrasta con i dati dell’ultima relazione al Parlamento italiano pubblicata in questi giorni dal Dipartimento nazionale antidroga, tutta tesa a tranquillizzare sull’efficacia delle politiche repressive o al massimo a puntare il dito sui consumi di cannabis con una assoluta contrarietà a qualsiasi forma di depenalizzazione o legalizzazione. I dati provenienti dai servizi italiani e dai progetti che sulle nostre strade lavorano ci raccontano un’altra verità: soprattutto nelle grandi città si stanno disegnando profili di consumo e bisogni ben diversi. Quello a cui assistiamo è uno scenario in cui i vari consumi, abusi e dipendenze da sostanze psicoattive sono sempre più connessi ed interdipendenti dagli stili di vita delle persone e dai contesti in cui la città si organizza con bisogni e problematicità nuovi. Una tendenza dei consumi che si muove secondo due assi paralleli e di cui Milano ci sembra un primo esempio chiarificatore in questa fase storica.
Una polarizzazione che ha da un lato una sorta di normalizzazione di alcuni consumi (alcol e cannabinoidi o cocaina). Dall’altro un progressivo aggravamento delle situazioni di tossicodipendenza «storiche», che stanno sempre “peggio” da un punto di vista sanitario e soprattutto della progressiva ulteriore marginalizzazione.
Tali domande tra normalità del consumo e divertimento o marginalità estrema oltre la «sola tossicodipendenza» ci stanno obbligando a reinventare modelli di intervento socio-sanitario ad alta integrazione territoriale, bassa soglia di accesso, efficaci in termini di costo-beneficio, capaci di accogliere e di porsi un obiettivo possibile di prendersi cura anche per domande sempre diverse. In questo senso il ruolo delle amministrazioni locali diventa decisivo e insostituibile in connessione con politiche sanitarie non ideologiche di cui l’Europa ci parla. Le cronache di questi ultimi mesi parlano di una città in movimento desiderosa certo di reagire ma anche in affanno, segnata da una incertezza che da un lato catalizza le paure e le ansie dei cittadini, dall’altro spinge le politiche a fronteggiare le emergenze.
Nella città di Milano, nell’ambito del «outreach» si è passati da interventi mirati alle persone con consumo iniettivo sino a quelli destinati a soggetti con consumi più occasionali, circoscritti a specifici momenti e contesti.
La nuova amministrazione milanese in collaborazione con l’azienda sanitaria, pur nella penuria di risorse, e in collaborazione con le associazioni e operatori esperti stanno cercando di costruire su questi temi una prima sperimentazione che da anni mancava e riporta alla città una responsabilità che dei nuovi modelli di consumo, abuso e dipendenza tenga conto per una diversa politica di sicurezza e tutela. Milano misura anche su questo la sua capacità di riprendere a creare socialità, integrazione sociale e coesione, sulla capacità di costruire mediazioni efficaci tra locale e globale tra sicurezza e presa in carico. La città si rivela il luogo in cui l’uomo può percepire l’assenza di qualsiasi progetto collettivo e personale, la perdita di senso; oppure si può offrire l’occasione per un protagonismo degli ultimi.
* Responsabile progetto Riduzione danno Asl Milano
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