Ma ora cancellate il Porcellum
Subito dopo però è intervenuta l’ideologia delle larghe intese a cambiare i termini del patto. Si è cominciato a parlare di pacificazione nazionale, a richiamare l’esempio del compromesso storico. L’emergenza è finita in secondo piano rispetto alla stabilità, le cose da fare sono diventate meno importanti della necessità di durare. Il risultato concreto di questa ideologizzazione delle larghe intese è che abbiamo un governo incapace di fare appunto quelle tre o quattro cose che un governo a termine, di minori ambizioni, avrebbe già almeno messo in cantiere.
È ingiusto dire che il governo non stia facendo nulla. Sta facendo, come ha ammesso il reggente del Pd Epifani, «piccole cose buone». La legge sul femminicidio è un esempio di queste buone cose, neppure tanto piccole. Ma per quanto riguarda tutto il resto, l’emergenza economica e quella politica, le due autentiche missioni del governo, il durare finora si è rivelato nemico del fare. La legge elettorale è in alto mare e a occhio e croce vi rimarrà a lungo. La politica economica e quella fiscale sono tutte da definire. Sta per arrivare il treno di una ripresa economica che l’Italia rischia di perdere, perché non esiste ancora un singolo provvedimento governativo a favore del credito alle imprese. La politica fiscale, altra leva per rilanciare il Paese, è ancora più in alto mare della legge elettorale. Qui si scontrano due concezioni semplicemente opposte di equità fiscale, come ha scritto Massimo Giannini ieri, fra destra e sinistra. Con un debito pubblico che ha sfondato la quota dei 2mila miliardi, il governo delle larghe intese non riesce neppure a mettersi d’accordo sull’Imu, una voce che riguarda al massimo 3 o 4 miliardi del gettito fiscale. Nel tentativo di mediare a tutti i costi, il ministro dell’economia Saccomanni è arrivato a proporre ieri nove diverse soluzioni al problema dell’Imu, una trovata da far impallidire le celebri “rose dei nomi” dell’era dorotea. Quando è evidente a chiunque che di soluzioni ne esistono soltanto due, mantenere la tassa sulle prime case oppure abolirla. In un caso come nell’altro cambierà pochissimo nell’economia del Paese e nelle tasche dei cittadini. Compresi i proprietari della casa di famiglia, il cui vero problema non è l’Imu, ma semmai i tassi altissimi dei mutui.
Un governo a termine, d’emergenza, si sarebbe posto ben altre questioni. Ma l’ideologia delle larghe intese impone di parlare di ciò che non è importante e di fare quel che non serve, nell’attesa di trovare un compromesso su qualsiasi cosa. Così una nazione che negli ultimi cinque anni ha perso il 25 per cento della produzione industriale e l’8 per cento del Pil si sta accapigliando da quattro mesi sui processi di Berlusconi, la ridicola guerra dell’Imu, la riforma della Costituzione e quella della giustizia. In pratica, la solita surreale agenda imposta dai media di Berlusconi. La stessa agenda che ci ha portato a un passo dal baratro e dalla bancarotta di Stato, mentre si parlava d’altro.
È ora che il governo metta da parte l’ideologia e la retorica della larghe intese dalla quale è come ipnotizzato, per tornare a fissare tre o quattro punti essenziali e dirci se è in grado o meno di realizzarli nell’arco dei prossimi mesi. Altrimenti si concentri almeno su uno, la nuova legge elettorale, e si torni al voto.
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