L’Europa prepara l’addio alla recessione La Germania indica la strada ai mercati

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BRUXELLES — L’Eurozona riemerge dalla recessione. Lo dirà oggi l’Eurostat, l’Istituto europeo di statistica: dopo sei trimestri consecutivi trascorsi sul ciglio del burrone, il Prodotto interno lordo del pianeta euro torna al segno “più”, +0,1% o forse +0,2%, nel secondo trimestre del 2013.
Ma già ieri, altri segnali un po’ da tutto il Continente avevano detto la stessa cosa. La lista è lunga. Crolla lo “spread”- il divario di rendimento fra i titoli di Stato decennali e gli omologhi Bund tedeschi – sia in Italia (241,5 punti base in chiusura ma nel corso della giornata il differenziale è arrivato fino a 236) sia in Spagna (271), toccando il livello più basso degli ultimi due anni. È il primo e più importante risultato, non a caso sono immediatamente cominciati a girare calcoli sull’effetto positivo per le finanze pubbliche in termini di minor costo del servizio del debito. Secondo dato: cresce la produzione industriale (anche in Italia, Spagna e Grecia, fra i Paesi più fragili). Terzo: cresce la fiducia degli investitori finanziari sulle aspettative dell’economia (anche in Italia, e di molto). L’euro ieri è sceso fino a 1,32 sul dollaro. E ancora: sulla scia di queste notizie le Borse riprendono tutte insieme a trottare. Milano e Francoforte hanno guidato i rialzi guadagnando entrambe lo 0,68%, seguite da Londra con +0,57% e Parigi con +0,51%. E continua a crescere con forza anche la domanda interna in Germania, che fa sempre da volano per le economie circostanti. A completare il coro, ci sono infine le previsioni moderatamente ottimistiche di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, pochi giorni fa.
Sono come tanti Rodrigo de Triana, questi messaggi tutti da decifrare: come il marinaio andaluso di Cristoforo Colombo che per primo osò gridare «terra» in vista della presunta America, attendono verifiche e conferme. Anche perché — tutti continuano a dirlo — i rischi rimangono, soprattutto quelli legati a situazioni di instabilità politica, come nel caso di Italia, Grecia e Spagna.
Ma il mutamento del panorama generale va registrato. E fra le pieghe dei dettagli, si trova anche di più.
La fiducia degli operatori e investitori finanziari nelle prospettive dell’economia, intanto. In Germania, vola letteralmente: la ricerca «Zew» che interpella 252 analisti e investitori professionali, ha visto salire il suo indice della fiducia da 36,3 punti in luglio a 42 punti in agosto (quasi il doppio della media a lungo termine che sta su quota 23,7). Buon messaggio di stabilizzazione anche per la cancelliera Angela Merkel, a poche settimane dalle elezioni politiche tedesche. Ma gli analisti «Zew» danno le stesse risposte anche in Italia: indici mai così in alto da tre anni, un unico balzo da 13,1 punti per arrivare ai 24,6 punti di agosto (livello più alto mai raggiunto dai 32,8 punti dell’aprile 2010).
Poi, parlano da soli e un po’ dovunque anche gli indici della produzione industriale: in giugno sono cresciuti nell’Eurozona dello 0,7% mensile (0,3% su base annuale, ma a maggio quella cifra era sommersa a quota -1,3%), nella Ue a 27 Paesi dello 0,9%, e in Italia del +0,3% (2,1 % su base annuale). Per il nostro Paese, quell’aumento dello 0,3% mensile significa l’incremento produttivo più alto fin da gennaio. Ma la locomotiva, ovviamente, è ancora e sempre la Germania: la crescita viaggia intorno al +2,5% mensile.
A marciare ovunque, è soprattutto la produzione di computer e auto (+4,9% mensile, primato mai toccato dal luglio 2011). Ed è la Germania, anche in queste scelte, a segnare la rotta: le commesse per le sue fabbriche hanno toccato in giugno il primato degli ultimi otto mesi.
Ma c’è anche la Grecia, a sorpresa, la cui produzione ha fatto registrare il balzo più netto dallo scorso ottobre: non può essere merito delle stangate imposte dalla “Trojka” Ue-Bce-Fmi, dicono ad Atene i nemici dell’austerity imposta dall’estero, e forse neppure dei prestiti internazionali che solo oggi sono ripartiti; ma anche quei critici non sanno offrire una risposta sicura. E poi che dire della Spagna? La sua disastrosa disoccupazione sta finalmente diminuendo, nessuno sa dire con precisione il perché. L’unica risposta sicura è che, forse, così come la grande crisi era iniziata senza un’apparente ragione, ora comincia ad andarsene senza spiegar niente a nessuno, come farebbe un ospite mai invitato.
Luigi Offeddu


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